Genealogia Della Morale - il portale di "rodoni.ch"
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l'empio desiderio: "pereat mundus, fiat ph<strong>il</strong>osophia, fat ph<strong>il</strong>osophus",<br />
fiam!...<br />
8.<br />
E' chiaro, non sono testimoni e giu<strong>di</strong>ci incorruttib<strong>il</strong>i del "valore"<br />
dell'ideale ascetico, questi f<strong>il</strong>osofi! Essi pensano "a sé", che<br />
importa loro «<strong>il</strong> sacro»! Anzi essi pensano a ciò che per "loro" è la<br />
cosa più in<strong>di</strong>spensab<strong>il</strong>e: libertà da costrizioni, turbamenti, fracasso<br />
da affari, doveri, preoccupazioni; chiarezza in testa; danza, salti e<br />
volo dei pensieri; un'aria buona, limpida, chiara, libera, asciutta<br />
come quella delle alte cime, che rende ogni essere animale più<br />
spirituale e gli dà le ali; pace in ogni sotterraneo; tutti i cani<br />
or<strong>di</strong>natamente alla catena, niente latrati <strong>di</strong> inimicizia e <strong>di</strong> v<strong>il</strong>loso<br />
rancore; nessun tarlo <strong>di</strong> ambizione ferita; interiora um<strong>il</strong>i e<br />
sottomesse, d<strong>il</strong>igenti come macine <strong>di</strong> mulino, ma <strong>di</strong>stanti, <strong>il</strong> cuore<br />
estraneo, al <strong>di</strong> là, nel futuro, postumo, - in fondo, nell'ideale<br />
ascetico, essi pensano al sereno ascetismo <strong>di</strong> un animale <strong>di</strong>vinizzato e<br />
capace ormai <strong>di</strong> volare, che passa al <strong>di</strong> sopra della vita, più che<br />
posarvisi. Si sa quali siano le tre sontuose parole d'or<strong>di</strong>ne<br />
dell'ideale ascetico: povertà, um<strong>il</strong>tà, castità: e si osservi da vicino<br />
la vita <strong>di</strong> tutti gli spiriti gran<strong>di</strong>, fecon<strong>di</strong> e geniali - vi si<br />
ritroveranno tutte e tre sempre fino a un certo punto. E, ovviamente -<br />
"mai" come se fossero le loro «virtù» - che cosa ha a che fare questa<br />
specie <strong>di</strong> uomini con le virtù! - bensì come le con<strong>di</strong>zioni più tipiche<br />
e naturali della loro esistenza "migliore", della loro più bella<br />
fecon<strong>di</strong>tà. E qui è ben possib<strong>il</strong>e che la loro spiritualità dominante<br />
dovesse prima imbrigliare o un orgoglio sfrenato e suscettib<strong>il</strong>e o una<br />
sensualità petulante, o che riuscisse a sostenere a malapena la loro<br />
volontà <strong>di</strong> «deserto» forse contro una tendenza al lusso e alla<br />
ricercatezza, e al tempo stesso contro una certa <strong>di</strong>ssipatrice<br />
liberalità del cuore e della mano. Ma quella spiritualità ci riuscì,<br />
proprio come istinto "dominante", che afferma le sue esigenze su tutti<br />
gli altri istinti - e lo fa ancora; se non lo facesse non sarebbe<br />
dominante. In ciò quin<strong>di</strong> non c'è traccia <strong>di</strong> «virtù». D'altra parte <strong>il</strong><br />
"deserto" <strong>di</strong> cui ho appena parlato, dove gli spiriti forti si ritirano<br />
o si isolano - <strong>di</strong> quanto è <strong>di</strong>verso questo deserto da quello che i<br />
dotti si immaginano nei loro sogni! - infatti, in certi casi, sono<br />
essi stessi, questi dotti, <strong>il</strong> deserto. Ed è certo che tutti i<br />
comme<strong>di</strong>anti dello spirito non potrebbero assolutamente resistervi -<br />
per loro un sim<strong>il</strong>e deserto non è né abbastanza romantico né abbastanza<br />
siriano, né abbastanza teatrale! In ogni modo non manca certo <strong>di</strong><br />
cammelli: però la rassomiglianza si limita a questo. Una oscurità<br />
volontaria forse; un eludere se stessi; un temere fracasso,<br />
venerazione, giornali, influssi; un piccolo impiego, la vita<br />
quoti<strong>di</strong>ana, qualcosa che più che mettere in luce, nasconde; una serie<br />
<strong>di</strong> contatti occasionali con animali innocui e pacifici, e con uccelli<br />
la cui vista riposa; una montagna per compagnia, ma non una montagna<br />
morta bensì una dotata <strong>di</strong> "occhi" (cioè i laghi); in qualche caso<br />
persino una camera in una locanda piena <strong>di</strong> gente, dove si è certi <strong>di</strong><br />
essere scambiati per altri, e dove si può parlare impunemente con<br />
tutti - questo è <strong>il</strong> «deserto»: oh, è abbastanza solitario, credetemi!<br />
Quando Eraclito si ritirò negli allo<strong>di</strong> e sotto i portici del<br />
gigantesco tempio <strong>di</strong> Artemide, questo «deserto» era più <strong>di</strong>gnitoso, lo<br />
ammetto: perché "non abbiamo" templi sim<strong>il</strong>i? - (forse li "abbiamo":<br />
sto pensando al mio stu<strong>di</strong>o più bello, a "Piazza San Marco", a<br />
primavera s'intende, e <strong>di</strong> mattina, tra le <strong>di</strong>eci e le do<strong>di</strong>ci). Ciò da<br />
cui Eraclito fuggiva, è ancora la stessa cosa da cui "noi" ora<br />
fuggiamo: <strong>il</strong> frastuono e le chiacchiere democratiche degli Efesi, la<br />
loro politica, le loro novità sull'«impero» (<strong>di</strong> Persia, si capisce),<br />
la loro paccottiglia <strong>di</strong> «oggi» - perché noi f<strong>il</strong>osofi abbiamo bisogno<br />
soprattutto <strong>di</strong> calma <strong>di</strong> fronte a "una" cosa: soprattutto <strong>di</strong> fronte a<br />
tutto quello che è l'«oggi». Noi veneriamo <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio, la freddezza,<br />
la nob<strong>il</strong>tà, la lontananza, <strong>il</strong> passato, tutto quello, insomma, alla cui