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Genealogia Della Morale - il portale di "rodoni.ch"

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da essa come qualità "normale" dell'uomo -: qualcosa dunque, al quale<br />

la coscienza "<strong>di</strong>ce sì" con tutto <strong>il</strong> cuore! Uno sguardo più profondo<br />

potrebbe forse, ancora oggi, percepire quanto basta <strong>di</strong> questa<br />

remotissima e profondamente ra<strong>di</strong>cata gioia festiva dell'uomo; in "Al<br />

<strong>di</strong> là del bene e del male", p.p. 117 s.s. (e già prima in "Aurora":<br />

p.p. 17, 68, 102) ho cautamente accennato alla sempre crescente<br />

spiritualizzazione e «<strong>di</strong>vinizzazione» della crudeltà, che corre<br />

attraverso tutta la storia della civ<strong>il</strong>tà superiore (e, vista in<br />

un'accezione significativa, ad<strong>di</strong>rittura la costituisce). In ogni modo<br />

non è poi trascorso molto tempo da quando non si riusciva a immaginare<br />

nozze <strong>di</strong> principi e feste popolari in gran<strong>di</strong>ssimo st<strong>il</strong>e senza<br />

esecuzioni capitali, torture e sinanco un autodafé, e neppure un<br />

governo aristocratico senza esseri sui quali si potesse<br />

spregiu<strong>di</strong>catamente dar libero corso alla propria cattiveria e alle<br />

proprie beffe crudeli (- si ricor<strong>di</strong> Don Chisciotte alla corte della<br />

duchessa: oggi noi leggiamo l'intero "Don Chisciotte" con un sapore<br />

amaro in bocca quasi ne fossimo torturati, e in ciò saremmo forse<br />

molto estranei, molto oscuri per <strong>il</strong> suo autore e per i suoi<br />

contemporanei - questi leggevano <strong>il</strong> libro con la coscienza più<br />

tranqu<strong>il</strong>la del mondo, come <strong>il</strong> più sereno dei libri e ne ridevano da<br />

morire). Veder soffrire fa bene, far soffrire fa ancora meglio -<br />

questa è una massima dura, ma una massima fondamentale, antica,<br />

potente, umana - troppo umana, che forse potrebbe essere già<br />

sottoscritta dalle scimmie: infatti si <strong>di</strong>ce che esse, nell'inventare<br />

crudeltà bizzarre, fanno già abbondantemente pensare all'uomo e quasi<br />

lo «anticipano». Senza crudeltà non c'è festa: questo insegna la più<br />

remota, la più lunga storia dell'uomo - e anche la pena ha in sé molto<br />

<strong>di</strong> "festivo"!<br />

7.<br />

- Con questi pensieri, d'altra parte, non voglio affatto aiutare i<br />

nostri pessimisti a portare acqua nuova agli striduli e cigolanti<br />

mulini del loro te<strong>di</strong>o della vita; al contrario, si deve <strong>di</strong>mostrare<br />

chiaramente che allora, quando l'umanità non si vergognava ancora<br />

della propria crudeltà, la vita sulla terra era molto più serena <strong>di</strong><br />

oggi che esistono i pessimisti. L'oscurarsi del cielo sugli uomini è<br />

sempre stato proporzionale all'aumento della "vergogna" dell'uomo "<strong>di</strong><br />

fronte all'uomo". Lo sguardo stanco e pessimista, la sfiducia davanti<br />

all'enigma della vita, <strong>il</strong> gelido no della nausea alla vita - non sono<br />

questi i segni delle età più "malvagie" del genere umano: anzi esse,<br />

da quelle piante palustri che sono, emergono alla luce del giorno<br />

soltanto quando c'è la palude <strong>di</strong> cui fanno parte - intendo qui <strong>il</strong><br />

rammollimento morboso e la demoralizzazione, per cui la bestia «uomo»<br />

impara, alla fine, a vergognarsi <strong>di</strong> tutti i suoi istinti. Sulla strada<br />

verso l'«angelo» (per non usare qui una parola più dura) l'uomo si è<br />

procurato quello stomaco malato e quella lingua impastata che gli<br />

hanno reso <strong>di</strong>sgustosa non solo la gioia e l'innocenza dell'animale, ma<br />

che gli fanno ritenere insipida anche la vita - tanto che talvolta sta<br />

<strong>di</strong> fronte a se stesso tappandosi <strong>il</strong> naso e con papa Innocenzo Terzo<br />

comp<strong>il</strong>a <strong>il</strong> catalogo <strong>di</strong> tutto ciò che gli ripugna («concepimento<br />

peccaminoso, nauseante nutrizione nel corpo materno, miseria della<br />

materia da cui l'uomo si è sv<strong>il</strong>uppato, puzza atroce, secrezione <strong>di</strong><br />

saliva, urina e feci»). Oggi che <strong>il</strong> dolore deve sempre esibirsi al<br />

primo posto tra gli argomenti "contro" l'esistenza, come suo più grave<br />

punto interrogativo, fa bene riportare alla memoria i tempi in cui i<br />

criteri <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio erano <strong>di</strong>versi, perché non si voleva fare a meno <strong>di</strong><br />

"fare" del male, vedendo in ciò un incantesimo <strong>di</strong> prim'or<strong>di</strong>ne, una<br />

vera e propria offa della seduzione a vivere. Forse allora - sia detto<br />

per la consolazione delle anime delicate - <strong>il</strong> dolore non faceva ancora<br />

tanto male come oggi; per lo meno questa sarà la conclusione <strong>di</strong> un<br />

me<strong>di</strong>co che abbia curato negri (prendendoli a rappresentanti degli<br />

uomini preistorici -) colpiti da gravi infezioni interne, che fanno<br />

quasi <strong>di</strong>sperare anche <strong>il</strong> più organicamente perfetto degli Europei - ai

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