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Genealogia Della Morale - il portale di "rodoni.ch"

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fede costringe, quello stoicismo dell'intelletto, che finisce per<br />

vietarsi <strong>il</strong> no altrettanto severamente che <strong>il</strong> sì, quel "voler" restare<br />

fermi <strong>di</strong> fronte all'effettuale, al "factum brutum", quel fatalismo dei<br />

"petits faits" ("ce petit fatalisme", lo definisco io), in cui la<br />

scienza francese cerca oggi una specie <strong>di</strong> primato morale su quella<br />

tedesca, quel voler rinunziare a ogni interpretazione (a violentare,<br />

rimettere a posto, abbreviare, tralasciare, riempire, inventare,<br />

falsificare e a tutto quello che è proprio dell'"essenza" <strong>di</strong> ogni<br />

interpretare) - esprime, <strong>di</strong> massima, tanto ascetismo della virtù,<br />

quanto ne esprime qualsiasi negazione della sensualità (in fondo, è<br />

soltanto un "modus" <strong>di</strong> questa negazione). Quello che però "costringe"<br />

ad esso, quella assoluta volontà <strong>di</strong> verità, è "la fede nello stesso<br />

ideale ascetico", anche se come suo imperativo inconscio - non ci si<br />

inganni in merito - è la fede in un valore "metafisico", in un valore<br />

"in sé della verità", come solo quell'ideale garantisce e vali<strong>di</strong>fica<br />

(si sostiene e crolla con quell'ideale). Non esiste, a giu<strong>di</strong>care<br />

rigorosamente, nessuna scienza «priva <strong>di</strong> presupposti», <strong>il</strong> pensiero <strong>di</strong><br />

una scienza tale è impensab<strong>il</strong>e, paralogico: una f<strong>il</strong>osofia, una «fede»,<br />

deve sempre preesistere, affinché la scienza ne derivi una linea, un<br />

senso, un limite, un metodo, un "<strong>di</strong>ritto" all'esistenza. (Chi la pensa<br />

<strong>di</strong>versamente, chi ad esempio, si accinge a considerare la f<strong>il</strong>osofia<br />

«su basi meramente scientifiche», deve prima, a questo scopo,<br />

"capovolgere" non solo la f<strong>il</strong>osofia, ma anche la verità stessa: <strong>il</strong> più<br />

grave oltraggio al pudore che possa esistere nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> due così<br />

degne damigelle!). Sì, non c'è dubbio - e qui cedo la parola alla mia<br />

"Gaia scienza", confronta libro quinto, p. 263 -: «l'uomo veritiero,<br />

in quel temerario ed estremo significato con cui lo presuppone la fede<br />

nella scienza, "afferma in tal modo un mondo <strong>di</strong>verso" che quello della<br />

vita, della natura e della storia; e in quanto afferma questo 'mondo<br />

<strong>di</strong>verso', come? non deve con ciò stesso negare la sua antitesi questo<br />

mondo, <strong>il</strong> "nostro" mondo?... E' pur sempre una "fede metafisica",<br />

quella su cui si fonda la nostra fede nella scienza - anche noi<br />

o<strong>di</strong>erni soggetti della conoscenza, noi atei e antimetafisici, anche<br />

noi pren<strong>di</strong>amo ancora <strong>il</strong> "nostro" fuoco da quell'incen<strong>di</strong>o che una<br />

credenza m<strong>il</strong>lenaria ha acceso, quella credenza cristiana che era<br />

altresì la fede <strong>di</strong> Platone, per la quale Dio è la verità e la verità è<br />

"<strong>di</strong>vina"... Ma in che modo può darsi ciò, se proprio questo si va<br />

facendo sempre più incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e, se nulla più si manifesta come <strong>di</strong>vino<br />

se non l'errore, la cecità, la menzogna - se Dio stesso si manifesta<br />

come la nostra più "lunga menzogna"»... A questo punto è necessario<br />

fermarsi e riflettere lungamente. La scienza stessa "ha bisogno" ormai<br />

<strong>di</strong> una giustificazione (col che non è ancora stato detto, che ne<br />

esista una per lei). Per questo problema basta considerare le più<br />

antiche e le più recenti f<strong>il</strong>osofie: in tutte manca una coscienza <strong>di</strong><br />

quanto la stessa volontà <strong>di</strong> verità abbia prima bisogno <strong>di</strong> una<br />

giustificazione, e questa è una lacuna in ogni f<strong>il</strong>osofia - e questo<br />

perché: Perché l'ideale ascetico sino ad oggi ha "dominato" tutte le<br />

f<strong>il</strong>osofie, perché la verità è stata posta come essere, come Dio, come<br />

la stessa somma istanza; perché alla verità non "è" mai "stato lecito"<br />

essere un problema. Questo «era lecito», lo si comprende? - A partire<br />

dal momento in cui la fede nel Dio dell'ideale ascetico viene negata,<br />

"si crea anche un nuovo problema": quello del "valore" della verità. -<br />

La volontà <strong>di</strong> verità ha bisogno <strong>di</strong> una critica - con ciò definiamo <strong>il</strong><br />

nostro proprio compito -, <strong>il</strong> valore della verità "deve", in via<br />

sperimentale, "essere messo" una volta "in questione" (Chi ritiene che<br />

sia stato troppo conciso, può r<strong>il</strong>eggersi quel passo della "Gaia<br />

scienza" dal titolo: «In che misura anche noi siamo ancora devoti»,<br />

p.p. 260 s.s., o meglio ancora tutto <strong>il</strong> quinto libro della suddetta<br />

opera, come pure la prefazione ad "Aurora").<br />

25.<br />

No! Non venitemi a parlare <strong>di</strong> scienza mentre sto cercando<br />

l'antagonista naturale dell'ideale ascetico, mentre chiedo: «Dov'è la

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