Codice della Cucina Lombarda - BuonaLombardia.it - Regione ...
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MILANO<br />
Il terr<strong>it</strong>orio <strong>della</strong> gastronomia milanese non coincide con quello<br />
<strong>della</strong> sola provincia di Milano, nella quale è compresa anche la parte<br />
meridionale <strong>della</strong> Brianza, che ha tradizioni alimentari proprie e<br />
distinte, oltre ad alcune zone Sud-Occidentali, al confi ne con la<br />
provincia di Novara e con la Lomellina, dove si accentua l’infl uenza<br />
di una cucina dai caratteri marcatamente agricoli. D’altro canto,<br />
l’ascendenza <strong>della</strong> cultura culinaria milanese supera largamente<br />
la cinta dei Navigli e i lim<strong>it</strong>i <strong>della</strong> provincia per infi ltrarsi quasi<br />
ovunque nella regione, raggiungendo anche i lim<strong>it</strong>rofi terr<strong>it</strong>ori del<br />
Novarese e del Vercellese.<br />
In una regione vasta e popolata come la Lombardia, il terr<strong>it</strong>orio<br />
milanese, se raffrontato a quello delle altre province, cost<strong>it</strong>uisce una<br />
sorta di anomalia per la sproporzione tra le non eccezionali risorse<br />
agricolo-zootecniche e l’altissima dens<strong>it</strong>à di popolazione.<br />
Ad un’agricoltura estensiva localizzata prevalentemente a<br />
Sud-Ovest <strong>della</strong> c<strong>it</strong>tà, attorno alle assi Ticino-Po, con indirizzo<br />
risicolo, orticolo e foraggero (da cui la rilevanza del patrimonio<br />
zootecnico e del settore lattiero-caseario), corrisponde infatti la<br />
concentrazione industriale dell’hinterland metropol<strong>it</strong>ano, con i<br />
relativi problemi di organizzazione del tempo-lavoro che rendono<br />
fl uidi e variegati gli attuali indirizzi alimentari <strong>della</strong> c<strong>it</strong>tà, soddisfatti<br />
in prevalenza dalle strutture ristorative comun<strong>it</strong>arie o di massa.<br />
I processi di intensa urbanizzazione che sottraggono<br />
progressivamente terr<strong>it</strong>ori alla campagna, inquadrano problematiche<br />
MILANO<br />
rilevanti, quali quelle connesse alla rinnovata posizione <strong>della</strong> donna<br />
(non più solo regina dei fornelli) nella società e nella famiglia, e<br />
quelle conseguenti all’apporto di modelli culturali e gastronomici<br />
eterogenei, in conseguenza dei massicci movimenti immigratori degli<br />
ultimi cinquanta anni. Il modello gastronomico che la c<strong>it</strong>tà era andato<br />
componendo con una discreta organic<strong>it</strong>à negli ultimi due secoli è<br />
dunque sottoposto ad una doppia azione, che la mina dall’interno<br />
(nuovo assetto sociale e produttivo) e la bombarda dall’esterno<br />
(cultura interetnica), con meccaniche ben diverse da quelle che<br />
avevano caratterizzato gli apporti internazionali e i mutamenti sociali<br />
del passato.<br />
Aveva, quel modello alimentare, dei contorni abbastanza imprecisi,<br />
frutto di una stratifi cazione protrattasi nel corso dei secoli e favor<strong>it</strong>a<br />
dalla posizione geografi ca <strong>della</strong> c<strong>it</strong>tà, da sempre punto d’incontro<br />
di popolazioni e di civiltà diverse, ma si dimostrava congrua alla<br />
conformazione del terr<strong>it</strong>orio milanese e alla ricchezza di acqu<strong>it</strong>rini,<br />
di marc<strong>it</strong>e e di risorgive che storicamente sono alla base <strong>della</strong><br />
vocazione foraggera (e dunque zootecnico-casearia) <strong>della</strong> zona.<br />
Il nucleo più antico di questo modello prende forma in epoca celticoromana,<br />
quando si defi niscono alcuni piatti (per esempio, le pultes,<br />
da cui deriveranno le moderne polente), i fondamentali indirizzi<br />
culinari (come la scelta <strong>della</strong> linea burro-lardo per il condimento,<br />
confermata dalle successive ingerenze longobarde e franche) e alcune<br />
scelte tecniche caratterizzanti (la supremazia <strong>della</strong> stufatura).<br />
Ad epoca medioevale può essere invece rifer<strong>it</strong>o l’addensarsi di due<br />
tendenze contrapposte: da una parte la cucina di corte, esemplifi cata<br />
dallo sfarzo dei banchetti dei Visconti e degli Sforza; dall’altra una<br />
cucina civile, di tipo ancora campagnolo o meglio orticolo, poggiata<br />
sulla proliferazione dei verzée urbani e suburbani; tendenze che,<br />
divaricandosi sempre più tra loro, andranno a confi gurare l’attuale<br />
bipolarismo tra ristorazione alta con vocazione internazionale e<br />
cosmopol<strong>it</strong>a e ristorazione popolare (fast-food, snack bar, pizzerie e<br />
tavole calde, quali eredi delle osterie sette-ottocentesche).<br />
La gastronomia di corte del Medioevo e del Rinascimento, fi ltrata<br />
attraverso gli autorevoli apporti di derivazione francese, spagnola e<br />
m<strong>it</strong>teleuropea, fu recep<strong>it</strong>a, dopo il XVII secolo e con le opportune<br />
correzioni di gusto, nella cucina di casa <strong>della</strong> buona borghesia<br />
c<strong>it</strong>tadina, un ceto produttivo poco incline agli eccessi <strong>della</strong><br />
ricercatezza e deciso a far quadrare i conti e i tempi <strong>della</strong> tavola<br />
con quelli dell’impresa. Nascono in questo periodo i quadernetti<br />
di cucina che le milanesi di buona famiglia si tramandavano di<br />
madre in fi glia e sui quali si è basata, già dall’inizio del secolo<br />
scorso, la formalizzazione del profi lo complessivo, degli indirizzi<br />
e dei contenuti (tecnici e di gusto) <strong>della</strong> gastronomia c<strong>it</strong>tadina.<br />
Escono da questi ambienti alcuni dei più noti piatti alla milanese: il<br />
risotto, i ravioli, la cotoletta impanata e il compos<strong>it</strong>o ventaglio delle<br />
scaloppine, il v<strong>it</strong>el tonné e la gremolata per gli ossibuchi, i paté,<br />
i fricandò e gli arrosti generosamente ammorbid<strong>it</strong>i nel marsala, i<br />
bonnet e le charlottes e l’emblematico panettone.<br />
LE PREPARAZIONI TERRITORIALI: MILANO - 89<br />
Alla cucina dei poveri, essenzialmente vegetariana, si devono invece<br />
i minestroni, i pancotti, le minestre di riso, gli stufati di verdure,<br />
ma anche la buseca e la cassoeula, i nervetti e quel monumento alla<br />
milanes<strong>it</strong>à che era l’ormai scomparso cervellato.<br />
Se volessimo tentare una defi nizione del modello alimentare<br />
milanese, potremmo indicarne le seguenti caratteristiche generali:<br />
sobrietà complessiva, anche nelle elaborazioni più complesse,<br />
in adesione ad un gusto medio, estraneo agli eccessi;<br />
preferenza per la cottura lenta e prolungata, con spiccate<br />
simpatie per la tecnica <strong>della</strong> stufatura e <strong>della</strong> brasatura;<br />
rilevanza dei prodotti lattiero-caseari, dai quali deriva quel<br />
tono complessivo <strong>della</strong> cucina milanese, che spinse Ugo Foscolo<br />
a satireggiare di una Milano trasformata in Paneropoli;<br />
supremazia del riso sulla pasta (prevalentemente farc<strong>it</strong>a)<br />
e in genere dei primi piatti liquidi/fl uidi rispetto a quelli asciutti;<br />
memoria viva di una cucina d’orto, risalente all’epoca <strong>della</strong><br />
prima industrializzazione, cui si devono alcuni piccoli capolavori,<br />
come i fagioli con la panna (corn<strong>it</strong>t cont la panera) e gli asparagi<br />
con le uova.