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Codice della Cucina Lombarda - BuonaLombardia.it - Regione ...

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15’ TEMPO DI ESECUZIONE<br />

LE PREPARAZIONI TERRITORIALI: CREMONA E CREMASCO - 126<br />

SALSA AGRODOLCE<br />

PER LESSO<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Ingredienti: PREZZEMOLO (60 g), ACETO (70 ml), ZUCCHERO (15 g), PASSATO DI POMODORO (100 g), OLIO DI OLIVA (20 g),<br />

SALE (q.b.), PEPE (q.b.).<br />

ESECUZIONE<br />

• Tr<strong>it</strong>are il prezzemolo e mescolarlo a<br />

freddo a tutti gli altri ingredienti.<br />

• Far bollire il tutto per 5 minuti,<br />

servire.<br />

NOTE: L’AGRODOLCE<br />

La pratica di combinare nello stesso<br />

piatto due sapori contrastanti, l’acido<br />

e il dolce (dati dall’aceto e dallo<br />

zucchero o dal miele), risale alla<br />

cucina romana antica. Preparazioni<br />

agrodolci sono infatti riportate nel<br />

De re coquinaria di Apicio. Il gusto<br />

agrodolce era molto apprezzato anche<br />

nel Medioevo e nel Rinascimento,<br />

quando, si creavano associazioni<br />

di ingredienti che oggi possono<br />

apparire insensate ma che allora<br />

trovavano largo consenso sia per<br />

le preferenze gustative del tempo<br />

sia per lo sfarzo che ostentavano.<br />

Alla carne venivano abbinati frutta<br />

secca, zucchero, spezie, formaggio,<br />

come nella tanto celebrata torta<br />

parmesana, in voga dal ‘300 al<br />

‘600 come simbolo di alta cucina e<br />

momento clou di un banchetto. Fu la<br />

cucina francese, alla fi ne del ‘600,<br />

a mettere ordine e razionalizzare gli<br />

abbinamenti dei cibi distinguendo<br />

tra dolce e salato e infl uenzando in<br />

tal senso le ab<strong>it</strong>udini culinarie dei<br />

paesi culturalmente dominati dalla<br />

Francia, come l’Italia. In alcuni piatti<br />

<strong>della</strong> cucina regionale <strong>it</strong>aliana sono<br />

rimaste associazioni agrodolci come<br />

nei tortelli con la zucca, nelle sarde<br />

in saor, nelle cipolline in agrodolce,<br />

ecc. In Toscana tale abbinamento<br />

è detto dolce-forte e si addice sia<br />

alla lepre che al cinghiale. Tipiche<br />

preparazioni agrodolci sono le<br />

conserve di frutta all’aceto, come<br />

pure alcuni condimenti di origine<br />

esotica e introdotti in Europa dagli<br />

inglesi (mostarda dolce, chutney). In<br />

alcuni Paesi l’agrodolce è frequente<br />

in molti piatti di carne (Russia,<br />

Scandinavia, Germania e Cina).<br />

VARIANTI<br />

Il passato di pomodoro non è<br />

contemplato in molti ricettari, dove<br />

è sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da brodo di carne ed è<br />

prevista l’aggiunta di uvetta, pinoli<br />

e, talvolta, di amaretti sbriciolati e<br />

di farina per legare la salsa. Nelle<br />

indicazioni de Il nuovo cuoco<br />

milanese di Felice Luraschi (1829)<br />

non si trova il prezzemolo né l’olio,<br />

sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dal burro, e compare<br />

poca scorza di limone. Anche il<br />

procedimento può variare: si fa<br />

caramellare lo zucchero per poi<br />

scioglierlo nell’aceto e aggiungervi<br />

infi ne gli altri ingredienti.<br />

ABBINAMENTI<br />

La salsa agrodolce si accompagna<br />

ai lessi e alla cotolette fredde. I vini<br />

indicati sono il Barbera e la Bonarda<br />

dell’Oltrepò Pavese DOC, giovani e<br />

fragranti.<br />

L’INGREDIENTE: L’ACETO<br />

Utilizzato fin dall’antich<strong>it</strong>à come<br />

conservante e per condimenti,<br />

salse e marinate, l’aceto, defi n<strong>it</strong>o<br />

da Aristotele “vino putrefatto”, è<br />

il prodotto <strong>della</strong> fermentazione del<br />

vino o di altri liquidi alcolici ottenuti<br />

da frutta, cereali, malto, miele. La<br />

fermentazione avviene ad opera di<br />

particolari batteri chiamati acetici<br />

che trasformano l’alcol contenuto nel<br />

prodotto di partenza (vino, sidro, sakè,<br />

ecc.) in acido acetico, sostanza che<br />

conferisce il caratteristico sapore a<br />

questo condimento e che, per legge,<br />

deve essere presente in quant<strong>it</strong>à non<br />

inferiore al 6% per l’aceto di vino e<br />

al 5% per gli altri aceti. Dal punto<br />

di vista commerciale si distinguono<br />

aceti comuni e aceti di qual<strong>it</strong>à, che<br />

hanno un’acid<strong>it</strong>à uguale o maggiore<br />

al 7% e la differenza tra queste due<br />

categorie risiede nella materia prima<br />

e nella tecnica di produzione. Per gli<br />

aceti comuni vengono generalmente<br />

impiegati vini molto dilu<strong>it</strong>i e già<br />

leggermente alterati, il processo<br />

di fermentazione è rapido e la<br />

maturazione nelle botti è lim<strong>it</strong>ata<br />

a pochi mesi cosicché gli aromi<br />

presenti e le caratteristiche sensoriali<br />

sono meno spiccati. Gli aceti di<br />

qual<strong>it</strong>à provengono invece da vini<br />

sani appos<strong>it</strong>amente preparati, con<br />

una diluizione minore e quindi con<br />

una maggior quant<strong>it</strong>à di profumi e<br />

aromi, e la cui acidifi cazione avviene<br />

lentamente; l’aceto rosso ottenuto<br />

viene poi lasciato invecchiare in<br />

fusti di legno per sei mesi circa e<br />

poi travasato in conten<strong>it</strong>ori di acciaio<br />

inossidabile per un altro periodo di<br />

invecchiamento, mentre quello bianco<br />

viene fatto maturare per un anno<br />

sempre in recipienti di acciaio.<br />

Durante il periodo di invecchiamento<br />

il prodotto diviene limpido e affi na le<br />

proprie caratteristiche risultando più<br />

profumato e aromatico. Alcuni aceti<br />

vengono aromatizzati addizionandoli<br />

di estratti aromatici naturali di erbe<br />

(basilico, rosmarino, salvia ecc.) o di<br />

frutta (lampone, limone) e lasciandoli<br />

riposare il tempo necessario perché<br />

acquistino le caratteristiche sensoriali<br />

degli aromi aggiunti.<br />

QUESTA PREPARAZIONE,<br />

PRESUMIBILMENTE DI<br />

ORIGINE MEDIEVALE E GIÀ<br />

CODIFICATA NE IL NUOVO CUOCO<br />

MILANESE (1829) DI GIAN FELICE<br />

LURASCHI, SOSTITUISCE LA<br />

TRADIZIONALE SALSA VERDE<br />

COME ACCOMPAGNAMENTO ALLA<br />

CARNE BOLLITA. È DENOMINATA<br />

IN DIALETTO: SÀALSA IN ÀAGHER<br />

PER ÈL LESS. CARATTERIZZATA<br />

DALL’ASSOCIAZIONE DI ZUCCHERO<br />

E ACETO, LA SALSA AGRODOLCE È<br />

UTILIZZATA NELLA CUCINA<br />

DI MOLTI PAESI.<br />

80’TEMPO DI ESECUZIONE<br />

DOLCE<br />

DIGRANOTURCO<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Ingredienti: LATTE (500 cc), FARINA DI GRANOTURCO (200 g), TUORLI D’UOVO (n. 3), ZUCCHERO (60 g), BURRO (120 g),<br />

AMARETTI (100 g), ZUCCHERO A VELO (50 g), CANNELLA (1 pizzico).<br />

ESECUZIONE<br />

• In una casseruola portare a<br />

ebollizione il latte.<br />

• Versarvi la farina gialla e far<br />

cuocere per 20 minuti.<br />

• R<strong>it</strong>irare la casseruola dal fuoco<br />

e quando la polentina diventa<br />

tiepida, unire i rossi d’uovo<br />

uno per volta, la cannella, lo<br />

zucchero, il burro e gli amaretti<br />

ridotti in polvere.<br />

• Fare un impasto omogeneo e versarlo<br />

in una tortiera imburrata.<br />

• Cuocere in forno a 180° C per<br />

circa 30 minuti.<br />

• Lasciare intiepidire il dolce,<br />

sformarlo, spolverizzarlo di<br />

zucchero a velo e servire.<br />

NOTE: L’EBOLLIZIONE<br />

DEL LATTE<br />

Alcune preparazioni culinarie prevedono<br />

la boll<strong>it</strong>ura del latte: questa, a differenza<br />

di quanto si crede comunemente, non<br />

avviene quando si innalza la pellicola<br />

superfi ciale che si forma durante il<br />

riscaldamento. Infatti tale fenomeno<br />

è dovuto alla coagulazione delle<br />

lattoalbumine e <strong>della</strong> lattoglobuline,<br />

che avviene a 70-80°C. L’ebollizione<br />

si verifi ca invece a 101° C, vale a dire<br />

circa 5 minuti dopo la formazione<br />

<strong>della</strong> pellicola. Perché il latte bolla è<br />

dunque necessario rompere la pellicola<br />

mano a mano che si forma e proseguire<br />

nella cottura. Così facendo tuttavia<br />

LE PREPARAZIONI TERRITORIALI: CREMONA E CREMASCO - 127<br />

vengono distrutte v<strong>it</strong>amine e proteine,<br />

che comunque andrebbero perse nella<br />

successiva cottura <strong>della</strong> preparazione,<br />

mentre è buona norma non bollire il<br />

latte pastorizzato destinato al consumo<br />

diretto.<br />

VARIANTI<br />

La variante più diffusa prevede la<br />

preparazione <strong>della</strong> torta senza uova e<br />

impastando farina, zucchero, mandorle<br />

tr<strong>it</strong>ate e burro, precedentemente<br />

sciolto. L’impasto viene steso in una<br />

tortiera imburrata e spolverizzata di<br />

pane grattugiato, e cotto in forno a<br />

200°C per circa 40 minuti. Il dolce<br />

così preparato, rustico e tipico <strong>della</strong><br />

Bassa Padana, risulta piuttosto secco e<br />

pertanto adatto a colazioni e merende<br />

più che a fi ne pasto.<br />

ABBINAMENTI<br />

È un fi ne pasto delicato e morbido,<br />

che può seguire quasi tutti i piatti, ad<br />

eccezione <strong>della</strong> polenta e degli umidi.<br />

Il vino indicato è il San Martino <strong>della</strong><br />

Battaglia DOC Liquoroso per un<br />

abbinamento importante, oppure un San<br />

Colombano DOC per un abbinamento<br />

raffi nato ma meno impegnativo.<br />

L’INGREDIENTE:<br />

IL GR ANOTURCO<br />

Anche chiamato mais (da mahiz, nome<br />

indigeno di questo cereale, da cui<br />

deriva anche il nome botanico <strong>della</strong><br />

pianta, Zea mais), il granoturco era<br />

conosciuto 5.000 anni fa e ampiamente<br />

coltivato e diffuso presso le popolazioni<br />

precolombiane dell’America Centrale.<br />

Sembra che sia stato portato in Europa<br />

da Cristoforo Colombo, ma secondo<br />

alcuni autori l’esistenza di antichi termini<br />

<strong>it</strong>aliani (méliga, granone, frumentone)<br />

fa supporre che alcune specie di mais<br />

di origine orientale fossero state<br />

introdotte in Europa prima del 1500,<br />

seppur con scarsa fortuna. Inoltre le<br />

prime coltivazioni di granoturco furono<br />

praticate in Andalusia dagli Arabi,<br />

che lo impiegavano come foraggio<br />

e che pertanto lo conoscevano già.<br />

Il granoturco (termine che ne indica<br />

l’origine esotica) è oggi uno dei cereali<br />

di base <strong>della</strong> popolazione mondiale. In<br />

Italia è impiegato per la produzione di<br />

farina, olio, fi occhi, pop corn, mentre<br />

viene raramente consumato tal quale.<br />

Il mais fornisce 355 kcal/100 g e ha<br />

un contenuto di proteine (10% circa)<br />

di valore biologico inferiore a quelle<br />

del frumento, in quanto sono carenti<br />

due aminoacidi essenziali (lisina e<br />

triptofano). Inoltre scarsa è la presenza<br />

delle proteine che formano il glutine,<br />

cosicché le farine di granoturco non<br />

sono adatte alla panifi cazione.<br />

I lipidi (circa il 4%, di cui l’80% è<br />

localizzato nel germe) sono caratterizzati<br />

da un’elevata percentuale di acido<br />

linoleico, un acido grasso essenziale.<br />

Per quanto riguarda il contenuto<br />

v<strong>it</strong>aminico, è da rilevare che la niacina,<br />

scarsamente presente, si trova in forma<br />

non assimilabile dall’organismo umano.<br />

Questo fatto, un<strong>it</strong>amente alla carenza<br />

di triptofano, ha in passato determinato<br />

l’insorgenza in forma endemica<br />

<strong>della</strong> pellagra presso le popolazioni<br />

economicamente depresse delle zone<br />

montane europee che si nutrivano<br />

quasi esclusivamente di mais. Tale<br />

patologia comparve per la prima volta<br />

in una monografi a <strong>it</strong>aliana del 1771<br />

che ne descriveva la diffusione fra<br />

i mezzadri che vivevano di polenta.<br />

Per contro, gli indigeni d’America non<br />

conoscevano la pellagra quantunque la<br />

loro alimentazione fosse a base di mais,<br />

in quanto usavano trattare il cereale<br />

con sostanze alcaline che rendono la<br />

niacina assimilabile e migliorano la<br />

disponibil<strong>it</strong>à relativa del triptofano.<br />

QUESTA TORTA, IN CREMONESE<br />

DÚULS DE MELEGÒT, VIENE<br />

ANCHE CHIAMATA POLENTA<br />

DOLCE, NON SOLO PER LA<br />

PRESENZA DELLA FARINA<br />

DI MAIS, MA ANCHE PER LA<br />

MODALITÀ DI PREPARAZIONE,<br />

SIMILE APPUNTO A QUELLA<br />

DELLA POLENTA. ALTRO PIATTO<br />

DOLCE, CON LA FARINA GIALLA,<br />

ERANO LE FRITTELLE DEI POVERI<br />

LE FRITULE DEI PUARET. LA<br />

PULÈENTA, NELLA SUA VERSIONE<br />

SALATA, ERA INVECE SERVITA<br />

CON IL FURMÀC (FORMAGGIO),<br />

LO STRACHIIN (GORGONZOLA),<br />

I GRATÒON (CICCIOLI).

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