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Un’altra splendida foto ritrae Fernard<br />

Léger mentre osserva il ritratto fattogli<br />

da Calder, col fil di ferro (prima dei<br />

mobiles). Dopo Léger, 3 Kandinsky<br />

(1925, 1930 e 1936) ma anche <strong>art</strong>isti<br />

emergenti dell’epoca come l’olandese<br />

Bran van Velde, Pierre Tal-Coat,<br />

Kelly e Chillida. Ricordano la Parigi di<br />

quegli anni, e lo stimolante clima mediterraneo della fattoria di Saint-Paul de Vence, le<br />

riviste-catalogo Derrière le Miroir e le foto di Miró al lavoro, sia all’esterno che nei<br />

laboratori di ceramica o della stamperia che Aimé gli aveva allestito. L’<strong>art</strong>ista catalano<br />

conta un corpus di 1500 diverse incisioni, e l’integrazione della sua creatività in questo<br />

campo con lo spirito d’iniziativa del suo gallerista fu totale. La prossimità tra Miró e Calder<br />

è potentemente riflessa nelle sale successive, in cui si fronteggiano opere degli anni ’30,<br />

’50 e ’70.<br />

Le foto storiche documentano infine anche la nascita della Fondazione, sulle ceneri del<br />

figlio secondogenito di Aimé e Margherite. Dopo la sua tragica morte furono spinti dagli<br />

amici (sempre loro: Bonnard, Braque e Léger) a creare un centro dedicato all’<strong>art</strong>e<br />

moderna. Sarà nel suo giardino ombreggiato di olivi e pini che prenderanno forma, dal<br />

1964 in poi, le esibizioni di tanti: da Ella Fitzgerald alle improvvisazioni di Duke<br />

Ellington, con Miró immortalato in un’espressione indefinibile, forse “sulle spine”<br />

malgrado gli abbia dedicato un suo noto Blues. Per continuare con la danza di Merce<br />

Cunningham, le musiche di John Cage, Sam Rivers, Stockausen. Senza dimenticare le<br />

tante opere monumentali “a destinazione pubblica” incoraggiate da Maeght.<br />

“Desidero che questo sia un luogo<br />

d’incontro, di creazione, di<br />

cambiamento, l’opposto di un museo…”<br />

. Perché secondo lui il museo era solo<br />

una p<strong>art</strong>e del progetto e tutta la vita<br />

intorno alle opere era fondamentale. E<br />

riuscì nell’intento, facendo della sua<br />

casa un’opera d’<strong>art</strong>e totale, qualcosa<br />

che è ormai storicizzato come un<br />

tempio e un crocevia della scena<br />

<strong>art</strong>istica del Novecento.<br />

Comunque, vista la mostra a misura<br />

d’uomo, non perdetevi sia la<br />

Pinacoteca ospitata nello stesso<br />

Palazzo dei Diamanti, che il Castello di<br />

Ferrara, uno dei pochi, in Italia, a<br />

conservare l’atmosfera magica del suo<br />

fossato colmo d’acqua.<br />

Da Braque a Kandinsky a Chagall. Aimé Maeght e i suoi <strong>art</strong>isti. Ferrara. Palazzo dei<br />

Diamanti, 28 febbraio-2 giugno 2010; www.palazzodiamanti.it<br />

Immagini:<br />

Aimé Maeght e Duke Ellington durante le prove, Fondazione Maeght, estate 1966<br />

Archives Maeght, © foto Jean-Pierre Leloir<br />

Alberto Giacometti<br />

Uomo che cammina I (Homme qui marche I), 1960<br />

Bronzo, cm 183 x 26 x 95,5<br />

Saint-Paul de Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght<br />

Saint-Paul de Vence, © foto Archives Maeght, Claude Germain<br />

Pierre Bonnard<br />

Fanciulla distesa (Jeune fille étendue), 1921<br />

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