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Mimmo Jodice | L’intervista |di Manuela De Leonardis<br />
di Manuela De Leonardis 26 aprile 2010 In appr<strong>of</strong>ondimenti,<strong>art</strong>i visive | 4.255 lettori | 6<br />
Comments<br />
Roma 1 aprile 2010. A Palazzo delle Esposizioni, in occasione della mostra antologica<br />
curata da Ida Giannelli, il volto di Mimmo Jodice (è nato a Napoli, dove vive, nel 1934)<br />
si inserisce tra quelli antichi di Anamnesi (1990). Nel suo ritratto, gli occhi chiari – il verde<br />
del maglione che indossa – si traducono in un passaggio di grigi, compresi tra il bianco e il<br />
nero. Una rapida incursione in quella zona mentale che è la fotografia in bianco e nero,<br />
aperta alle libere associazioni. Jodice stesso, del resto, non fotografa a colori per via di<br />
quella necessità di mettere in moto l’immaginazione. In quasi cinquant’anni di<br />
attività – le prime foto sono del ’62 – l’<strong>art</strong>ista non ha mai abbandonato la fotografia<br />
analogica. “Il mio lavoro inizia in anni molto p<strong>art</strong>icolari: la contestazione, la<br />
creatività che si stravolgeva.” – spiega – “Con gli anni ’60 comincia la pop <strong>art</strong>,<br />
cambia la musica, il cinema, la poesia, il teatro… Mi trovavo in quella dimensione<br />
con l’ingranditore per stampare le foto, neanche con la macchia fotografica.<br />
Cominciai a sperimentare. Non facevo fotografie di tipo pr<strong>of</strong>essionale,<br />
fotogiornalismo o altro, ma ricercavo le possibilità della fotografia. Una ricerca<br />
che era tecnica e linguistica”. Immagini come Paesaggio interrotto (1970) – una sorta<br />
di collage di frammenti fotografici ballerini, strappati e ricollocati – Reflex (1965), Studio<br />
per un nudo (1967), e più tardi Taglio e Vera fotografia – entrambi del 1978 – segnano<br />
momenti fondamentali del suo percorso. Cercando sul vocabolario italiano la voce<br />
“fotografia”, Jodice aveva trovato: “fotografia = sistema ottico, chimico, ecc. per<br />
riprodurre fedelmente la realtà. Così decisi di fotografare la mano a grandezza<br />
naturale, completando il lavoro con il taglio della superficie, opp<strong>ure</strong> scrivendo<br />
con l’inchiostro blu vera fotografia’”. Opere in cui c’è una forte componente<br />
concettuale, insieme alla consapevolezza delle potenzialità del mezzo. Passeggiando<br />
insieme tra le fotografie, che emergono dalle pareti grigio perla del contenitore museale<br />
(pubblicate nel catalogo 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore) ripercorriamo le fasi: La<br />
stagione sperimentale (dal 1965 al 1970), Gli anni dell’impegno sociale (dal 1970 al<br />
1980), Il Mediterraneo e la riflessione sui luoghi (dal 1980), Eden e la riflessione sulle cose<br />
(dal 1990 ad oggi). “Prendi poche parole che sintetizzano un pensiero,” – si<br />
raccomanda Mimmo Jodice – “che descrivano, non trascrivano”.<br />
94<br />
Manuela De Leonardis) Alla fine<br />
degli anni ’50 frequentavi la<br />
Galleria il Centro di Napoli e gli<br />
<strong>art</strong>isti dell’Accademia di Belle Arti.<br />
Il tuo stesso percorso <strong>art</strong>istico è<br />
iniziato con la pittura e la s<strong>cult</strong>ura,<br />
orientandosi verso la fotografia per<br />
caso, con una vecchia macchina<br />
fotografia ricevuta in dono. C’è<br />
stato un fattore illuminante che ti<br />
ha fatto privilegiare questo mezzo?<br />
Mimmo Jodice) Avendo iniziato a<br />
stampare, mi rendevo conto che<br />
c’erano delle potenzialità in atto. Non<br />
riuscivo ad accettare il pregiudizio sulla<br />
fotografia, intesa solo come mezzo per<br />
fare certe cose.<br />
M. D. L.) La sperimentazione,