Scarica | Download - art a part of cult(ure)
Scarica | Download - art a part of cult(ure)
Scarica | Download - art a part of cult(ure)
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Goya e il mondo moderno | Quando una mostra si allarga<br />
troppo | di Andrea D’Agostino<br />
di Andrea D'Agostino 16 aprile 2010 In appr<strong>of</strong>ondimenti,<strong>art</strong>i visive,news | 1.963 lettori | 6<br />
Comments<br />
Fa uno strano effetto visitare Goya e il<br />
mondo moderno, in corso a Palazzo<br />
Reale a Milano: più o meno come<br />
quando si va a vedere una mostra (ma<br />
vale anche per un film) e si esce con la<br />
sensazione di averne vista un’altra.<br />
Tanto più che questa esposizione p<strong>art</strong>e<br />
davvero bene, con una serie di ritratti<br />
che dimostrano l’eccezionale abilità del<br />
pittore spagnolo (1746-1828) nel<br />
cogliere subito la personalità<br />
dell’effigiato, a scapito del suo ruolo<br />
sociale. Si trattasse di politici, militari,<br />
religiosi, attori o poveracci, Francisco<br />
Goya riuscì sempre a mostrare com’erano (e cos’erano) realmente. Dipinti che rivelano<br />
anche la grande distanza che lo separa dagli altri protagonisti della pittura settecentesca:<br />
se Batoni o Mengs – tanto per citare i due più rinomati <strong>art</strong>isti attivi a Roma all’arrivo di<br />
Goya nel 1770 – arricchivano i loro ritratti di sfondi con rovine, statue antiche, libri o<br />
oggetti che testimoniassero la <strong>cult</strong>ura del personaggio, lo spagnolo scelse invece sempre<br />
fondali scuri e neutrali per farne risaltare il carattere.<br />
63<br />
È il caso di Carlo IV e di Maria Luisa di<br />
Parma: la coppia dei sovrani è davvero<br />
inquietante nella vacuità degli sguardi, e<br />
il pittore non si sforzò affatto di provare<br />
ad abbellirli. La data di esecuzione è<br />
fatidica: è il 1789, e dalla Francia è in<br />
arrivo una Rivoluzione che spazzerà via<br />
l’Ancien Régime, sconvolgendo<br />
l’esistenza dello stesso <strong>art</strong>ista. Sempre<br />
in questa prima p<strong>art</strong>e troviamo altri<br />
splendidi ritratti quali Don Juan M<strong>art</strong>ìn<br />
Goicoechea (1790), B<strong>art</strong>olomé<br />
S<strong>ure</strong>da (1804), l’attore Isidoro<br />
Maiquez (1807) o il Duca de San<br />
Carlos (1815); ma è nelle sale<br />
successive che il visitatore inizia a non<br />
capirci più niente. Cosa c’azzeccano,<br />
direbbe qualcuno, gli autoritratti di<br />
David e Delacroix e poi ancora gli<br />
epigoni Nolde e Soutine fino a<br />
Picasso? Se i primi due possono essere<br />
avvicinati a Goya sia cronologicamente<br />
sia soprattutto per l’introspezione<br />
psicologica, è nella scelta degli altri che<br />
la mostra rivela il suo difetto: la<br />
dispersività. Troppi, infatti, gli <strong>art</strong>isti<br />
associati al maestro spagnolo, in un arco<br />
cronologico vastissimo che, distorcendo<br />
il titolo stesso della mostra, arriva fino ai<br />
giorni nostri. Se è vero che lo