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Acqua. Liquido trasparente, privo di colore e di sapore. Per la sua abbondanza sulla superficie terrestre fu<br />
considerata dagli antichi uno dei quattro elementi costitutivi dell’universo. Bene primario dell’uomo. La<br />
memoria delle origini. L’uomo venne dal mare. Tre quarti del globo sono ricoperti di acqua. Acqua di cielo,<br />
di mare, di terra. Questa è acqua di terra. Acqua che sale, scende, sorge, lava, inonda, purifica, leviga, riluce,<br />
brilla, travolge, trasforma, tracima, abbatte. Si mescola al terreno, si impasta, cola, scorre verso il centro,<br />
viscida, nera, grigia, si raccoglie nei canali, negli anfratti. Sfonda e confonde. Rompe e corrompe. Lungo il<br />
suo percorso raccoglie, rotea, inonda spazi, riempie vuoti. Sale e scende. Non è più un bene. E’ il male. La<br />
palude. Ma non è ferma. Non è stabile. Scende dalla montagna a velocità folle, travolgente. Potente nella<br />
sua ferocia. Primitiva, insensibile, disumana. Acre nel suo odore di marcio umido. Impasto fatto di terra,<br />
terreno, carogne di animali, corpi di uomini finiti, travolti ed annientati in un attimo, cancellati dalla<br />
memoria, scomparsi, come se non fossero mai vissuti. Quella notte la montagna esplose nell’interno del<br />
ventre di Alvano. L’acqua di dentro volle ricongiungersi con l’acqua di fuori. Quella che veniva giù dal<br />
cielo, un cielo denso di fosche nubi. Per giorni inondò la valle verso il mare. Una catena di monti, cintura<br />
naturale impregnata di acqua che lottava con se stessa per liberarsi, per vivere, come presa da un brivido di<br />
morte e di distruzione. L’acqua che è vita, salute, luce, ora impazzita e disperata, incontrollata ed<br />
incontrollabile. Alvano aveva potuto così scaricare la sua ira sulle colpe dei suoi abitanti. La sua<br />
maledizione si era avverata. L’ippogrifo era stato punito. <strong>Il</strong> fiume era straripato, gli argini travolti, i campi<br />
inondati, gli animali annegati, i raccolti distrutti. All’improvviso, si levò il vento.