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L’esistenza di ogni uomo ha un proprio centro, inteso come punto di riferimento necessario ed essenziale<br />
per poter prendere parte al gioco della vita. I suoi sentimenti, le sue azioni, i suoi pensieri sono schegge<br />
impazzite che vagano nel vuoto più assoluto. A loro volta, senza centro, i pensieri, le azioni, i sentimenti<br />
sono destinati ad annullarsi in un vacuum senza senso. Tanta è l’importanza del centro nella vita di tutti gli<br />
esseri viventi che ogni uomo fa della casa il centro principale. La perdita della casa comporta<br />
inevitabilmente le perdita del centro. Alvano, invece, non aveva un centro. Non ne aveva bisogno. Egli era il<br />
centro, faceva parte della natura. E la natura era centro. Alvano non aveva casa. Non ne aveva la necessità.<br />
Egli era casa. Alvano non aveva pensieri, azioni, sentimenti. Egli era tutto questo: sentimenti, azioni,<br />
pensieri.<br />
Per l’uomo comune ritrovarsi senza casa, in un attimo, significa non avere consistenza, identità. <strong>Il</strong> pensiero<br />
si ferma, c’è come un’attesa angosciosa. <strong>Il</strong> fango scende, sale, inonda, una ‘cosa’ immonda che sommerge<br />
tutto e tutti. <strong>Il</strong> centro annega, affonda, è livellato, scompare. I pilastri cedono, le mura sono sventrate, la fuga<br />
è verso l’alto, come se il centro si fosse spostato: 1° piano, 2° piano, 3° piano, in su, sempre più in su, senza<br />
fermarsi, rincorsi dalla ‘cosa’ nera che ti insegue. Sul tetto. Alvano geme e vomita. Si lamenta, si contorce,<br />
si distende, si dilata, si allunga, si rivolta, si gonfia. Esplode. La lava sale, densa, nera, collosa, viscida.<br />
All’improvviso uno scoppio, una serie di scoppi, come un susseguirsi di fulmini. La casa di fronte scompare<br />
sommersa da un corso di lava impazzito e ruggente. <strong>Il</strong> corpo di Alvano rimbomba lontano amplificandosi<br />
nel buio appena illuminato dal chiarore di un cielo coperto. Si sente arrivare lieve il rumore dell’elicottero<br />
col suo occhio aperto e acceso. Volteggia in cerca di un percorso. Si odono urla, imprecazioni, grida di<br />
richiami. Gente alla ricerca del centro perduto, per sfuggire al destino in agguato nel buio. C’è chi riuscirà a<br />
ritrovarsi, a riprendersi il centro. Chi invece crede di inseguirlo altrove. Corre, ma non sa da cosa fugge. Sta<br />
per perderlo. Va incontro ad un altro centro che segna il suo destino definitivo. Allora è meglio non<br />
muoversi. Stare immobili, come Alvano che continua a gemere e vomitare..<br />
Restare immobili sembra la soluzione giusta. <strong>Il</strong> centro è là con te. Ti ci aggrappi. Non corri rischi. E invece<br />
la ‘cosa’ ti afferra e ti fa preda del suo fango, senza pietà. Scompari nel vortice che trascina, nuotando verso<br />
la discesa che segnerà la tua salvezza, incontro al centro ritrovato. Oppure scomparire per sempre, nel fango.<br />
Senza mai essere ritrovato. Domani i giornali pubblicheranno la lista dei dispersi. Sei in lista d’attesa di<br />
morte provvisoria. Può ritornare al suo centro, se lo ritrovano entro tre giorni. Come quel giovane<br />
intrappolato e ritrovato vivo, appunto, dopo tre giorni. Murato vivo là sotto. Alvano se lo ricordava bene.<br />
Era stato un suo studente. Non aveva mai dato molte risposte. Non lo aveva mai disturbato con troppe<br />
domande. Studiava quanto bastava. Faceva quello che poteva. <strong>Il</strong> massimo col minimo sforzo, per dire. La<br />
maturità la prese, comunque. Ora è diventato maturo per la vita. Stampava fotocopie e faceva fotografie per<br />
arrotondare. Educato, discreto, disponibile. Uno dei tanti giovani del Sud. Finì addirittura sul Los Angeles<br />
Times dall’altro capo del mondo. Ha scritto anche un libro sulla frana, uno dei tanti.