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L’imperatore Claudio era riuscito a sottomettere le tribù ribelli che erano diventate turbolenti dopo<br />
l’assassinio di Caligola e lo sbandamento del potere centrale di Roma. Gli Iceni avevano acconsentito a<br />
sottomettersi negoziando la gestione del loro regno. Erano seguiti diversi anni di tranquillità caratterizzati da<br />
scambi commerciali con Roma la quale inviava sempre più spesso suoi emissari con il compito di gestire la<br />
realtà locale nel modo più conveniente prima per sé e poi eventualmente per l’altra parte. La protezione<br />
romana si concretizzava, di fatto, nella vita di ogni giorno anche in forma di traffici che prevedevano<br />
finanziamenti, prestiti, istruzione, attività commerciali ed impiegatizie le più svariate, da quello degli<br />
schiavi a quello delle merci. Alvano, in quegli anni di apparente benessere, aveva avuto modo di entrare in<br />
contatto sia con il re che con la regina. I due si erano sposati qualche anno prima proprio in quella regione.<br />
Lei non aveva nemmeno venti anni e subito dopo diede alla luce due figlie. Quando Prasatago morì, circa<br />
dieci anni più tardi, Boadicea divenne regina del suo popolo e custode delle figlie. <strong>Il</strong> sovrano, malato da<br />
tempo, aveva provveduto a lasciare una parte dei suoi beni anche alla regina ed alle sue figliole. A Roma,<br />
questa decisione non andò a genio. Nerone, che era subentrato al potere, non poteva accettare l’idea che la<br />
moglie di un suddito barbaro, anche se re di una potente tribù dei Celti, potesse succedere al marito sul<br />
trono, non avendo eredi maschi . Svetonio Paolino venne nominato subito governatore della regione e pensò<br />
bene di usare le maniere forti per costringere Boadicea e la sua gente a cedere quei beni che il marito aveva<br />
lasciato al suo popolo. Fu catturata, venne frustata pubblicamente, le sue figliole violentate dai soldati. Gli<br />
anni di calma e di prosperità che Alvano aveva vissuto finirono con la morte del re. Aveva goduto dei grandi<br />
favori per la sua straordinaria abilità nel commercio delle stoffe, dei gioielli e delle spezie. Non aveva mai<br />
voluto occuparsi di schiavi perché non riteneva morale quella attività. Un giorno, la bellissima Boadicea,<br />
dovendo pagarlo per delle stoffe che le aveva fatto venire da Roma, gli propose tre splendide fanciulle in<br />
pagamento. Alvano non potette non accettare l’offerta della regina fattagli da un suo emissario. Ma pochi<br />
giorni dopo le lasciò libere al loro destino. La cosa venne saputa da Boadicea che lo mandò a chiamare. Era<br />
la prima volta che l’aveva davanti a sé in un contatto diretto. Alvano ne riportò una impressione<br />
indimenticabile. Lo storico greco Cassio Dione, suo amico, così la descrisse:<br />
“Alta, di statura enorme, aveva un aspetto davvero terrificante nello sguardo dei suoi occhi; la voce rauca,<br />
una grande massa di capelli le scendevano fino ai fianchi; intorno al collo aveva una collana d’oro;<br />
indossava una tunica colorata su di un mantello che era legato da una grande spilla ”.<br />
Gli chiese perché aveva liberato le schiave. Lo accusò di essere avido di beni e di ricchezze come tutti i<br />
romani. Gli domandò se anche lui considerava le donne degli esseri inferiori rispetto agli uomini. Gli urlò in<br />
faccia che Roma ed il suo impero rappresentavano l’oppressione e lo sfruttamento. Ma avevano i giorni<br />
contati. Anche lui, Alvano, aveva i giorni contati. Avrebbe mangiato il suo cuore. Ogni membro del suo<br />
popolo avrebbe mangiato il cuore di un romano. Ben presto si sarebbe abbattuto su di loro la maledizione e<br />
la vendetta di tutte le tribù dei Celti dell’isola. Lei avrebbe organizzato la rivolta e avrebbe ricacciato in<br />
mare i Romani dall’isola.<br />
La sua voce era alta, forte, possente. A volte rauca, nasale, spesso come strozzata. Aveva in sé un’eco di<br />
ritorno che amplificava i toni e i suoni. Gli occhi accesi simili a due tizzoni ardenti diretti sull’interlocutore<br />
che restava come ipnotizzato. La sua gesticolazione continua trasmetteva ai presenti una sorta di frenesia,<br />
come una energia misteriosa. Parlava e camminava in ampi cerchi concentrici che si restringevano e si<br />
allargavano costringendo chi le stava intorno a spostarsi all’indietro per darle spazio. Ritornava sempre al<br />
punto di partenza immaginario al centro della spirale. La sua lingua era un miscuglio di latino e di celtico,<br />
alternato a parole ed espressioni mutuate da altre tribù. Voada e Voadicia, le sue due figliole, la ascoltavano<br />
in silenzio, con gli occhi a terra: