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Gli diedero la stanza al piano di sopra. Quella matrimoniale che lei non usava più dalla morte del marito. O<br />
meglio, da quando lui non era più tornato a casa dall’Italia. Era una stanza a semicerchio che dava sul<br />
laghetto del parco attrezzato costruito ai limiti del bosco. <strong>Il</strong> grande letto al centro aveva di fronte a sé tre<br />
finestre i cui vetri erano ricoperti da tendine bianche ricamate. Altre pesanti tende gialle, lunghe fino a terra,<br />
le ricoprivano fino a toccare il pavimento. Servivano non solo per proteggere dalla luce ma anche dal<br />
freddo. Dopo la veloce corsa in tassì Alvano era finalmente arrivato a destinazione. Quel lungo ed<br />
avventuroso viaggio che lo aveva portato sull’isola del Bardo. Lo accolsero facendogli una festa semplice<br />
ma sincera. Alex, il fratello di Alfred, e Margherita la loro madre. Non si trattennero a lungo nel salotto di<br />
sotto e dopo avere consumato una rapida cena, andarono a letto perché, dissero, l’indomani dovevano<br />
andare tutti a lavorare. Margherita, nel suo divertente linguaggio fatto di parole napoletane, termini obsoleti<br />
italiani e un inglese poco oxfordiano, disse che avrebbe cucinato “pasta ’e fasule” con le cotiche perché<br />
faceva già freddo e si potevano mangiare sia i fagioli che le cotiche. <strong>Il</strong> freddo di novembre si faceva già<br />
sentire. Alvano si addormentò quasi subito in quel letto matrimoniale, ricoperto da un soffice piumone al<br />
quale non era abituato. <strong>Il</strong> silenzio era quasi assoluto. Poca luce filtrava dalle tende. Tentò di dare uno<br />
sguardo all’esterno scostando la tenda della finestra laterale. Non potette vedere nulla a causa della fitta e<br />
scura nebbia che era calata sulla zona. L’illuminazione pubblica a neon di colore giallo rendeva l’atmosfera<br />
quanto mai irreale in uno scenario che sembrava fatto apposta di mistero e di solitudine. Usciti dal centro di<br />
Londra, il taxi aveva imbroccato una superstrada, superando tutta una serie di ponti e di tunnel. Prima che<br />
arrivassero a destinazione, aveva intravisto nel riverbero dell’illuminazione lunghe ed ordinate file di case a<br />
schiera, sia a destra che a sinistra. Alfred, smesso l’entusiasmo col quale lo aveva accolto pochi minuti<br />
prima, se ne stava silenzioso a pensare. Improvvisamente disse:<br />
“E’ un nuovo distretto. L’hanno inaugurato pochi mesi fa. Abbiamo atteso cinque anni per avere questa<br />
casa dal Comune”.<br />
Ora c’ero anch’io. Mi addormentai di un sonno profondo. Così profondo che mi sembrò brevissimo. Mi<br />
risvegliai che erano da poco passate le otto. La casa era vuota e silenziosa. Perfettamente in ordine, tutti gli<br />
spazi erano sapientemente utilizzati ed arredati. In un’atmosfera di superficie solo in apparenza piccoloinglese,<br />
si respirava un’aria italiana. La gondola di Venezia, la torre di Pisa, il duomo di Milano, il golfo di<br />
Napoli, il Vesuvio, Paestum, la valle dei Templi. Quadretti, ninnoli, statuette, disegni. Segni, tracce e<br />
simboli di radici lontane che ritrovavo e riconoscevo. In cucina vidi delle pentole sistemate sui fornelli<br />
spenti. Ne scoperchiai una. Conteneva fagioli con le cotiche già pronti e cucinati in un sugo quanto mai<br />
invitante. In un contenitore di vetro, al centro della tavola già preparata, troneggiava la pasta mista pronta<br />
per essere cotta e mescolata ai fagioli e alle cotiche. Quattro posti per quattro persone che di lì a qualche ora,<br />
avrebbero consumato un pasto come celebrando un rito. <strong>Il</strong> rito della memoria, delle radici, delle origini. In<br />
mio onore. In ricordo di un fuciliere di sua Maestà Britannica caduto da nemico, in una terra che amava<br />
quanto la propria. In difesa della libertà. Mania per l’Italia – Italiamania. E mania per l’Inghilterra -<br />
Anglomania, capitoli di un libro sempre aperto per la stesura della storia di un amore consumato nel tempo e<br />
nello spazio da tanti che hanno fatto dei due Paesi punti di riferimento e di convergenza, alla ricerca di tutto<br />
ciò che è bello, giusto, nuovo. “Pasta ’e fasule” rappresentavano per Margherita, Alfred e Alex il richiamo<br />
delle origini, la consacrazione dei ricordi, la continuazione dell’ideale, la celebrazione di una assenza fattasi<br />
presenza con la mia visita in quella casa.<br />
In quel profondo vallone solitario di un piccolo paese sulla costa del sud, fitto di vecchi castagni a solitarie<br />
querce, Alvano aveva segnato definitivamente il tempo della vita di Arthur aiutando suo figlio Alfred a<br />
ritrovare in quei luoghi dell’amata Italia i segni della sua esistenza perduta per la sua patria inglese e per la<br />
nostra libertà. In un piccolo armadietto di vetro erano esposti, in bella mostra, con orgoglio, gli oggetti<br />
ritrovati in quella cassa rettangolare, scavando sulle scale di quella chiesa sconsacrata, al 13° scalino: un<br />
berretto con visiera, una lettera, un paio di guanti, un cinturone, una scatola di latta per il tabacco, un<br />
accendino, una macchinetta per arrotolare le sigarette. Per loro, ricordi. Per Alvano, Anglofilia.