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E invece, appunto, stanno ricostruendo, o meglio restaurando, come se niente fosse successo. Al cemento di<br />
prima hanno aggiunto altro cemento. Ai valloni naturali di deflusso delle acque di un tempo sono stati<br />
sostituiti enormi, imponenti, biancheggianti canali di cemento imbottito di ferro degno delle migliori<br />
fortificazioni germaniche. Tutt’intorno il corpo di Alvano è nudo, la superficie esposta al sole, inaridita,<br />
priva di ogni vegetazione. Lapilli e ceneri inviati da Vesevo nei millenni che attendono avidamente le<br />
piogge. Tardano a venire. Ma verranno, e come, se verranno! E allora si gonfieranno, si impregneranno, si<br />
inebrieranno, impazziranno per l’acqua. Si trasformeranno in fango, raderanno a vivo ancora una volta il<br />
corpo martoriato di Alvano, staccheranno rocce, sradicheranno i pochi alberi rimasti, tracimeranno a valle. <strong>Il</strong><br />
cemento dei canaloni saprà accogliere quelle acque prima che ridiventino fango? Nessuna casa è stata<br />
abbattuta lungo quei canaloni. Anzi forse solamente una manca all’appello: quella che aveva camminato per<br />
una ventina di metri con una trentina di persone dentro durante quella notte. Per il resto tutto come prima. O<br />
quasi. In attesa degli eventi. Chi vivrà, vedrà. Que sera, sera. Resterà Alvano, il <strong>Testimone</strong>.