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IL PROBLEMA DELLA LIBERTA' TRA ETICA E POLITICA - Filosofia

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solo la “libertà di spirito” è vera libertà, mentre la libertà esteriore e fisica è solo una<br />

aggiunta superflua, falserebbe in modo grave i risultati dell’esperienza: “che la libertà dello<br />

spirito non possa venir costretta da una forza fisica, è ben vero; ma solo fino ad un certo<br />

punto”; la coazione fisica condiziona la stessa libertà di spirito, la quale “non è affatto<br />

soppressa, ma subisce una specie di deformazione violenta che la piega e la forza in un<br />

senso che non sarebbe stato, senza di essa, liberamente adottato” (L 299). Si pensi –<br />

ammonisce Martinetti – al modo indiretto con cui il potere dispotico riesce ad ammorbidire,<br />

con le lusinghe e la corruzione, gli animi dei sottoposti, ben al di là della semplice<br />

coercizione fisica: “la semplice possibilità di questa costringe le volontà riluttanti e crea<br />

poco per volta una disposizione paurosa degli animi che a lungo andare si traduce in un<br />

abito servile e cancella anche le ultime tracce di resistenza interiore. Potremmo dire in<br />

questo caso che la violenza esteriore non possa nulla sulla libertà interiore?” (L 299).<br />

La polemica di Martinetti contro una forma falsa di spiritualismo, lo conduce ad<br />

affermare una versione forte e assai concreta di PERSONALISMO: la libertà – scrive – “non è<br />

una proprietà dell’anima, anzi d’una facoltà dell’anima – la volontà – ma è una<br />

disposizione, uno stato di tutta la personalità” (L 299). La polemica si indirizza qui verso la<br />

descrizione psicologica comune dell’atto volontario, soprattutto quando essa si basa sui<br />

presupposti dogmatici di una psicologia associazionista. L’io appare qui come un fascio di<br />

rappresentazioni (l’io “variopinto” di cui parla Kant nella Critica della ragione pura,<br />

alludendo al modo passivo con cui l’io empirico è affetto dalle rappresentazioni esterne e<br />

da quelle interne, attraverso le forme dello spazio e del tempo), che solo la memoria<br />

temporale consente di proiettare dal passato verso l’avvenire, consentendo la previsione<br />

degli stati futuri e quindi la scelta conseguente operata dal soggetto, in presenza di stimoli<br />

e motivi alternativi. Si tratta – precisa Martinetti – di una ricostruzione astratta della<br />

concreta vita di coscienza, che non è mai una somma aritmetica di stati, ma il prodotto<br />

complesso di una sintesi formale superiore, di carattere olistico: “l’essere nostro non è un<br />

punto semplice di coscienza, ma un sistema, un’unificazione che si svolge e si trasforma<br />

nel tempo” (L 301). Si può quasi paragonare la coscienza (microcosmo) al sistema<br />

planetario (macrocosmo):<br />

Questo sistema, è costituito da attività che vengono successivamente attratte nell’orbita del sistema,<br />

assimilate, unificate; dalle energie degli alimenti, che l’uomo ingerisce, alle idee che un’accidentale lettura<br />

insinua nel mio spirito, si tratta sempre di elementi che il mio essere attrae nell’orbita della sua attività,<br />

assimila e subordina; essi diventano il mio corpo, il mio modo di sentire, di pensare e di agire. Quando<br />

questa unificazione avviene in modo normale, cosicché le attività inferiori (conscie e subconscie) si<br />

subordinano armonicamente, la vita si svolge come una specie di consenso interiore di tutto l’essere: ogni<br />

parte dell’essere nostro si svolge, nel posto che le è assegnato, spontaneamente, “liberamente”. Nel caso<br />

contrario si ha una resistenza, un urto della o delle nostre volontà dominanti contro le energie inferiori, contro<br />

“necessità” sgradevoli e dolorose, dalle quali ci sentiamo contrariati o dominati. […] La libertà non è dunque<br />

uno stato unico, ma la resultante di molte “libertà”: ogni attività nostra, in quanto non coatta, ha il senso della<br />

sua spontaneità, della sua libertà. […] Questo è il concetto dal quale dobbiamo partire per determinare<br />

anche le forme più alte della libertà umana: come la coscienza e l’intelligenza anche nelle loro esplicazioni<br />

superiori non sono che un potenziamento di quell’attività sintetica medesima che già si esplica nelle più umili<br />

manifestazioni della vita del senso, così anche la libertà morale dell’uomo non è un’apparizione ex novo, una<br />

facoltà senza antecedenti: essa non è diversa che per grado dalla spontaneità che si manifesta nelle attività<br />

più semplici degli esseri coscienti (L 301-304).<br />

Soffermiamoci brevemente su questo passo. La vita della coscienza è qui paragonata al<br />

cosmo fisico, ad un sistema complesso ma regolato di rapporti. L’unità dell’io (o meglio di<br />

ciò che Martinetti chiama “spirito”) non è un’unità sostanziale (come nella tradizionale<br />

nozione di anima), ma funzionale: un’unità che si afferma attraverso la capacità del<br />

“sistema” psichico di funzionare e di interagire in modo unitario rispetto al proprio<br />

ambiente. Tra le varie tendenze e attività che costituiscono la coscienza non vi è una<br />

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