IL PROBLEMA DELLA LIBERTA' TRA ETICA E POLITICA - Filosofia
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autentica, che sia giunto a concepire tutta la mostruosità dei propri atti e al tempo stesso<br />
la loro inevitabilità (stante il suo carattere empirico, le circostanze di fatto che ne hanno<br />
determinato l’agire, e di cui sopporta intera la responsabilità), la morte può essere<br />
addirittura qualcosa di liberamente accettato, una espiazione definitiva. In questa estrema<br />
conversione (certo difficile, ma meno rara di quanto si pensi: lo aveva notato anche<br />
Schopenhauer) il reo dimostra una consapevolezza del valore assoluto della propria<br />
personalità morale. Se al livello del suo carattere empirico egli non ha avuto alternative, ne<br />
acquista invece una su quello, ideale, del CARATTERE INTELLIGIB<strong>IL</strong>E (distinzione posta da Kant e<br />
sostanzialmente accettata da Martinetti, anche se con delle sfumature interpretative, che<br />
si possono apprezzare meglio nel capitolo storico a lui dedicato). Esso corrisponde all’idea<br />
della migliore persona che (nel pentimento) avremmo voluto essere – e che dobbiamo<br />
essere, nella elevazione dal grado inferiore del diritto positivo a quello superiore della<br />
moralità pura. Ad esso (e alla giustificazione di una corrispondente responsabilità morale)<br />
dobbiamo in conclusione rivolgerci, per dare una risposta compiuta all’interrogativo, posto<br />
all’inizio del capitolo, circa la compatibilità o meno della responsabilità con il determinismo.<br />
La RESPONSAB<strong>IL</strong>ITÀ MORALE trasporta il concetto della responsabilità legale, dalla sfera<br />
del diritto a quello della morale. Come quella era il giudizio esteriore, stabilito dalla società,<br />
sul valore della volontà individuale in rapporto alla volontà giuridica collettiva, questa è il<br />
giudizio interiore dell’individuo su se stesso, la coscienza (nel significato di coscienza<br />
pratica: Gewissen, piuttosto che di coscienza teorica: Bewußtsein) della propria<br />
imputabilità morale. Il determinismo naturalistico (John Stuart Mill) tenta di spiegare anche<br />
questa attitudine valutativa, che attiene alla sfera del dover essere (Sollen) piuttosto che a<br />
quella dell’essere (Sein), come una derivazione secondaria della responsabilità penale,<br />
prodottasi per un meccanismo associazionistico. La responsabilità morale non sarebbe<br />
altro che l’introiezione soggettiva del giudizio di disapprovazione che la società – mediante<br />
le proprie sanzioni giuridiche – formula nei riguardi di determinati comportamenti, cui<br />
finiscono per associarsi, nella rappresentazione soggettiva, immagini spiacevoli e<br />
dolorose, come la punizione, la condanna, la derisione, ecc. Sentimenti morali autentici,<br />
come il rimorso, cui Martinetti legava la possibilità di una definitiva espiazione della colpa,<br />
si riducono così a un mero effetto dell’associazionismo psicologico: al timore egoistico<br />
della reazione sociale. Nel respingere tale spiegazione superficiale, egli denuncia il circolo<br />
vizioso in cui cade (come al solito) il naturalismo: quello di presupporre logicamente ciò<br />
che andava spiegato. Se, infatti, “nella responsabilità esteriore non fosse già implicito un<br />
giudizio morale, nessuna associazione mai ve lo avrebbe introdotto” (L 380). Si possono<br />
addestrare gli animali (e, in una certa misura, i bambini) a determinate azioni, mediante<br />
l’associazione meccanica di piacere o dolore (“col bastone e la carota”, come suol dirsi),<br />
ma in nessun caso dalla semplice paura potrà mai scaturire il sentimento morale della<br />
disapprovazione (la vergogna), se esso non si trova già nella coscienza soggettiva.<br />
Temiamo le conseguenze sociali di ciò che sappiamo essere male, non ci limitiamo a<br />
chiamare male, ciò di cui temiamo le conseguenze sociali (qui Martinetti si stacca da<br />
Spinoza: per lo meno dal suo dettato letterale, ripreso dall’utilitarismo e portato da<br />
Nietzsche alle sue ultime conseguenze immoralistiche).<br />
La responsabilità morale è fondata essenzialmente sulla comunione morale: essa è una reazione della<br />
volontà morale ideale contro la volontà morale imperfetta. Non solo quindi l’origine sua non va cercata nella<br />
responsabilità legale, esteriore, ma la stessa responsabilità morale aliena, per cui giudichiamo alcuno<br />
responsabile di un suo atto, va cercata nel nostro interno medesimo, nel senso della responsabilità verso noi<br />
stessi (L 3881-382).<br />
Martinetti sviluppa un’analisi acuta e sagace del senso di colpa, che non esita a<br />
utilizzare – come reperto psicologico – un brano delle Confessioni di S. Agostino (un<br />
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