IL PROBLEMA DELLA LIBERTA' TRA ETICA E POLITICA - Filosofia
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L’indeterminismo è […] una concezione irreligiosa. Il concetto cardinale della religione è quello della perfetta<br />
dipendenza di tutte le cose finite da Dio, il quale non è una potenza esteriore contrapposta alle cose, ma è<br />
ciò che in tutte le cose è, vive ed agisce. Ora nella concezione indeterminista l’uomo sta di fronte a Dio con il<br />
suo libero arbitrio come una potenza straniera che è veramente un imperium in imperio, che rilutta all’ordine<br />
universale voluto da Dio: egli ha qualche cosa di cui può dire: “questo dipende da me, è la mia esclusiva<br />
volontà, non mi viene da Dio”. Ma non è appunto questo il principio del male: l’egoità, il porre sé e la propria<br />
volontà come per sé stanti, come distinti ed isolati da Dio? (L 397-398)<br />
Non a caso, la nozione di libero arbitrio è sorta sul terreno ambiguo della teodicea<br />
razionale, ma è respinta da alcuni teologi, in quanto modello inadeguato della perfetta<br />
libertà divina (questa discussione dei temi teologici, ripresi dalla prima parte, si trova svolta<br />
alle pagg. 405-408).<br />
Ora, lasciando al piano teologico la sua relativa autonomia, vi sono argomenti<br />
consistenti, sul piano strettamente razionale, per respingere il nesso posto dagli<br />
indeterministi tra contingenza e responsabilità. Una volontà indeterminata è “una volontà<br />
in cui non vi è connessione fra gli atti successivi […]: l’indeterminismo recide ogni legame<br />
fra l’io e l’atto” (L 396). Posta una connessione completa tra gli antecedenti causali (la<br />
“preparazione”) dell’atto e la sua effettuazione, si inserisce qui una ingiustificata lacuna<br />
logica o “sospensione” della validità universale del principio causale, in virtù della quale la<br />
volontà (già sufficientemente determinata dalle sue condizioni) potrebbe “in ogni istante<br />
decidere in un senso o nel senso opposto” (ibid.). Si attribuisce in tal caso all’io una<br />
funzione di “arbitro a cui spetta la decisione”, che è una finzione astratta. L’io (se deve<br />
entrare nella concatenazione causale indispensabile a produrre l’atto) non può essere<br />
altro che “l’unità formale dei fattori costanti, cioè un sistema di elementi attivi”<br />
autodeterminantesi (L 398-399). Quando agisco sotto l’imperativo passionale dell’ira,<br />
oppure quando trattengo l’emotività, lasciando che sia la razionalità del libero arbitrio a<br />
comandare sull’inclinazione (e questa è l’unica possibilità di differenziare la forma di<br />
spontaneità dell’uomo dall’arbitrium brutum dell’animale), il mio io si identifica totalmente<br />
con l’uno o l’altro dei motivi, che causano l’azione (con il più forte di essi, che ottiene<br />
immancabilmente la vittoria). Non è che vi sia un io “neutrale”, che assiste alla lotta tra i<br />
motivi, che soppesa la loro forza relativa, e alla fine “sceglie” in modo arbitrario quello a cui<br />
decide di assegnare la palma della vittoria. Questa sarebbe una ricostruzione astratta del<br />
processo decisionale della volontà, che priverebbe la scelta finale (prohairesis) della forza<br />
motivante propria della “deliberazione” (bouleusis). Ma con ciò verrebbe a cadere<br />
l’assunto da cui era partito proprio l’indeterminista: quello cioè di volere salvare la<br />
“responsabilità” del soggetto morale. La decisione finale finisce per essere una scelta<br />
irresponsabile, se si recidono i legami profondi e necessari tra l’io e l’atto. Tutti quelli “che<br />
scrivono una storia o una biografia, che governano, che educano, trattano con gli uomini,<br />
pongono a fondamento del loro agire la presupposizione […] che ciò che governa il mondo<br />
dello spirito è la concatenazione regolare delle cause e non l’arbitrio” (L 399). La<br />
concezione opposta, di una libertà fondata sul nulla, una concezione che si farà strada con<br />
l’esistenzialismo (Sartre), appare a Martinetti assurda: “un principio attivo che entrasse<br />
nella connessione universale come qualcosa di ex novo è così assurdo come sarebbe un<br />
essere che aggiungesse di tanto in tanto qualche minuto di più al tempo” (L 400). La<br />
VALIDITÀ UNIVERSALE <strong>DELLA</strong> LEGGE DI CAUSALITÀ (E QUINDI <strong>IL</strong> DETERMINISMO) non ammette lacune.<br />
Il rigetto dell’indeterminismo, a detta dei suoi difensori, non ci evita tuttavia le<br />
conseguenze “fatalistiche” dell’opposta tesi del determinismo. Esso sembra ugualmente<br />
inconciliabile con “una visione morale e religiosa del mondo”. Martinetti non si nasconde la<br />
difficoltà: se la pone anzi di fronte nella sua versione più dura. E’ infatti la scienza, con le<br />
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