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IL PROBLEMA DELLA LIBERTA' TRA ETICA E POLITICA - Filosofia

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tendenze” (L 317). La VOLONTA’ è invece “un tendere formatosi in dipendenza da tutti gli<br />

elementi attivi della nostra personalità, una risultante complessa e definitiva” (ibid.).<br />

Martinetti fa l’esempio della volizione del futuro: posso desiderare di compiere domani una<br />

certa azione, ma posso volerlo solo quando essa si integra completamente in un piano di<br />

azione, che la rende razionalmente prevedibile. Non è il fatto di realizzarsi o meno della<br />

possibilità futura, che fa la differenza tra volizione autentica e mera velleità o desiderio, ma<br />

il fatto di collocarsi o meno in una descrizione dell’insieme dei miei atti (presenti e passati)<br />

coerente. Così, se affermo: “domani voglio continuare quel tale lavoro”, questo è un buon<br />

esempio di perfetta volizione (se sono uno studente dotato di un minimo di autodisciplina).<br />

Può darsi che domani le circostanze esterne siano sfavorevoli all’attuarsi di tale possibilità,<br />

e che io debba rinviarla di un altro giorno (o più), per fattori indipendenti dalla mia volontà<br />

(un incidente, una malattia, ecc.). Ma con ciò la mia volontà attuale non cessa di essere<br />

“perfetta” (L 318). Essa non diventa un mero desiderio. Lo sarebbe invece se affermassi:<br />

“domani voglio superare il record nazionale di salto in alto”, senza essere un atleta<br />

allenato, ma un semplice dilettante, che esprime una velleità esagerata o si limita a<br />

sognare ad occhi aperti. Conclude sul punto Martinetti:<br />

In un senso effettivamente si può dire il sentimento causa del volere, in quanto i nostri atti di volontà<br />

propriamente detti sono sempre la risultante di innumerevoli tendenze elementari, alle quali non diamo il<br />

nome di volontà perché non si connettono immediatamente con un mutamento della nostra azione esteriore:<br />

queste tendenze sono volontà rimaste allo stato di sentimenti. Di qui si comprende come “un volere<br />

assolutamente privo di sentimento e di passione sia impossibile: anche il volere razionale è un sentimento<br />

calmo, energico, costante” (L 319).<br />

Atto impulsivo (sentimentale o irrazionale) e volizione propriamente detta<br />

(razionale) non sono dunque realtà nettamente separate, ma momenti distinti nel “ritmo”<br />

totale della vita psichica. Più che a una “corrente” (a una successione lineare di atti), la<br />

vita interiore assomiglia ad una “armonia” musicale: “La coscienza ripete nella sua<br />

costituzione il pulsare dell’attenzione; essa ha dei punti salienti, separati da intervalli, in cui<br />

il tono della coscienza è più basso” (L 320). Nella parte finale del capitolo, Martinetti arriva<br />

a proporre uno schema che corrisponde al lato attivo (astraendo dunque da quello noetico<br />

o conoscitivo) della coscienza: non una teoria compiuta della volontà, dunque, ma un<br />

semplice modello, in cui poter inserire il discorso circa il grado maggiore o minore di<br />

libertà riconoscibile negli atti umani. Possiamo tentarne una illustrazione grafica:<br />

a’ a’’ a’’’<br />

∙∙∙∙∙────── ∙ ∙ ∙ ∙ ──────∙∙∙∙∙ <br />

s’ s’’ s’’’<br />

La freccia indica la direzione del tempo (oppure la coscienza). La linea continua<br />

rappresenta la serie infinita degli atti (a’, a’’, a’’’….) volitivi e/o sentimentali. In<br />

corrispondenza di ciascun atto si dispone la serie degli stimoli (esterni e/o interni) che<br />

sono come le “cause occasionali” del divenire spontaneo-attivo della coscienza. Martinetti<br />

osserva che siamo di fronte a una forte semplificazione: la vita cosciente non è mai una<br />

serie lineare, ma la risultante di una complessità di atti (“mentre medito, cammino o scrivo,<br />

compio altri piccoli movimenti e nello stesso tempo sono penetrato da leggere ondate<br />

sentimentali piacevoli o dolorose, che sono anch’esse altrettanti atti”). Il fenomeno che<br />

consente di isolare una linea principale, la nota dominante (per usare un’analogia<br />

musicale) della volontà, è quello dell’ATTENZIONE, in cui si concentra la vita dell’io<br />

autocosciente. L’io non è necessariamente una sostanza (o perlomeno Martinetti lascia<br />

incerta questa possibilità), ma una forma, un principio di unità:<br />

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