IL PROBLEMA DELLA LIBERTA' TRA ETICA E POLITICA - Filosofia
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corruzione morale, preparazione sicura di rovine irreparabili” (L 364). In ciò Martinetti (con<br />
riferimento al destino dell’Italia e dell’Europa, nell’ultimo scorcio di quello che sarebbe<br />
stato chiamato il “secolo breve”) era allora del resto buon (e inascoltato) profeta.<br />
La “terza via” (tra individualismo e collettivismo) indicata da Martinetti si può<br />
caratterizzare come un personalismo non dogmatico (come quello cattolico, affidato alla<br />
cosiddetta “dottrina sociale della Chiesa”), ma che conserva una indubbia impronta<br />
“religiosa”. Esso si lega al concetto – anticipato fin dalle prime pagine del capitolo – di un<br />
DIRITTO MORALE, distinto e superiore al diritto giuspositivo, cui rinviare il compito della<br />
giustificazione ultima delle stesse libertà civili. Come si passi dall’unità “puramente<br />
giuridica” del diritto, fondata sull’egoismo, alla superiore “unità morale”, fondata sul<br />
principio nuovo (a sfondo religioso) della carità, è compito che Martinetti lascia volentieri<br />
agli storici della civiltà o ai sociologi (un accenno si trova alle pp. 357-358). A lui preme<br />
piuttosto riconoscervi la necessità di un passaggio logico, nel progresso graduale della<br />
libertà: dal piano fisico e naturalistico a quello spirituale, dalla particolarità all’universalità,<br />
ecc. Si affaccia, in tale passaggio, una nuova idea, rispetto a quella della mera libertà, che<br />
si deve integrare con essa, a comporre la sfera completa del diritto (giuridico e morale):<br />
quella di “giustizia” e di fraternità tra gli uomini, ossia di “carità”:<br />
Così si crea al di sopra del mondo del diritto un regno della moralità, un ordine di valori ideali, il quale<br />
abbraccia non soltanto i rapporti ideali fra gli individui, ma anche il rapporto degli individui con le realtà ideali<br />
superiori e cioè l’intiera sfera della vita morale e religiosa. Anche quest’ordine, che stringe l’umanità intiera<br />
nell’unità della chiesa ideale, ha le sue esigenze, cioè il suo diritto; che non è, ben s’intende, da assimilarsi<br />
allo stretto diritto, ma è ugualmente una legislazione universale, che si impone gradualmente, con altri mezzi<br />
ed in un altro piano, a tutti gli spiriti. Come un diritto superiore allo stretto diritto, esso esercita su di questo<br />
un’azione limitatrice e formatrice: penetra le leggi giuridiche di un altro spirito, le riveste d’un nuovo carattere,<br />
condanna ciò che trova in esse d’irriducibile preparandone lentamente la di sparizione e ne estende per<br />
contro il campo in conformità delle nuove esigenze della coscienza morale. Sorge per questa via, in<br />
opposizione allo stretto diritto, un vero diritto morale, che non è soltanto coordinazione razionale delle<br />
volontà egoistiche, in quanto esse hanno la volontà e la forza di affermare nell’ordine obbiettivo il loro diritto<br />
subbiettivo: ma è riconoscimento del diritto originario a tutte le volontà che rivelino anche solo un inizio ed<br />
una possibilità di una comunione morale, sostituzione progressiva all’ordine della forza del regno dell’equità<br />
e della carità universale (L 358).<br />
Si tratta di formule suggestive, ma non sempre chiare (come Solari osserverà in seguito,<br />
proponendo, come soluzione, una integrazione del concetto martinettiano di “diritti morali”<br />
con quello crociano e azionista di “libertà e giustizia”). Martinetti pensava forse a una idea<br />
evolutiva (e non statica) del diritto: a quel processo di estensione della consapevolezza<br />
morale, che alcuni autori contemporanei hanno ad esempio caratterizzato come<br />
“allargamento del cerchio dell’etica”. L’accenno a “tutte le volontà che rivelino anche solo<br />
un inizio ed una possibilità di una comunione morale” può suggestivamente riferirsi al tema<br />
della liberazione (e del riconoscimento di diritti) dei soggetti più deboli o marginali della<br />
società: come un tempo gli schiavi, oggi le donne, gli umani marginali, o (perché no) alcuni<br />
animali non umani. Più probabilmente, Martinetti pensava alla positiva funzione<br />
pedagogica che, l’esistenza di una élite intellettuale politicamente riconosciuta (quei<br />
“chierici”, di cui Benda aveva denunciato il pericolo di “tradimento”, alle soglie della<br />
Grande Guerra), avrebbe potuto svolgere, a correzione dei difetti costitutivi del vecchio<br />
stato liberale ottocentesco. Solo uno stato che sappia riconoscere la propria vocazione<br />
culturale (ponendosi dunque come mezzo per la attuazione in concreto della libertà<br />
spirituale, anziché come fine del processo sociale, nel suo divenire naturale ininterrotto)<br />
può aiutare i cittadini ad elevarsi dal terreno empirico degli interessi, degli egoismi, dei<br />
diritti giuridici, a quello del diritto morale (che ne costituisce il dover essere formale e<br />
ideale, capace di giustificarlo e di garantirlo universalmente).<br />
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