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IL PROBLEMA DELLA LIBERTA' TRA ETICA E POLITICA - Filosofia

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pubblicò una Analisi fisiologica del libro arbitrio umano (1869), che ebbe larga fama.<br />

Basandosi sulle indagini della psichiatria contemporanea, egli affermò che la pazzia non<br />

consiste che in questo: nel prodursi dall’interno di certi stati del cervello, di certe<br />

disposizioni, sentimenti, affetti, giudizi, che non hanno una sufficiente determinazione nelle<br />

cause esterne, con cui paiono collegati. Essi sono il prodotto dello stato anormale del<br />

cervello, l’organo, come suol dirsi, dell’anima. Nello stato di normalità, invece, questi vari<br />

atti cerebrali non sono determinati che da cause esterne sufficienti, e si trovano quindi in<br />

armonia col mondo esterno. Gli esperimenti fisiologici dimostrano che il cervello è formato<br />

da una massa considerevole di sostanza bianca (fibre conduttrici) e di sostanza grigia<br />

(cellule riflettenti), tra loro intrecciate. Così come un “reostato” o un “rocchetto d’induzione”<br />

posto sul percorso di una corrente elettrica, la massa cerebrale si colloca (in una funzione<br />

di regolazione) tra i nervi sensitivi e i nervi motori. Su di essa agiscono le impressioni<br />

ricevute dall’esterno: rafforzandosi, indebolendosi, combinandosi con i segni lasciati dalle<br />

impressioni passate. La massa cerebrale agisce come una sorta di bilancia, che si muove<br />

o sta in equilibrio, a seconda delle impressioni che la colpiscono e delle rappresentazioni<br />

da esse generate. L’azione risultante non è altro che l’effetto MECCANICO delle diverse forze,<br />

prodotte dalle varie sensazioni: è la sensazione più vivace a prevalere sulle altre,<br />

determinando l’azione:<br />

La massa encefalica pesa le diverse sensazioni ricevute, le varie rappresentazioni destate, e secondo la<br />

maggiore o minore intensità piuttosto dell’una che dell’altra, tramanda l’eccitamento verso le radici dei nervi<br />

motori, e determina così le azioni tutte dalla più semplice alla più complicata. E questo pesare noi<br />

perfettamente avvertiamo, e lo chiamiamo pensare, giudicare, riflettere, deliberare, secondo l’indole del<br />

pensiero e la natura della cosa pensata.<br />

L’illusione del libero arbitrio, inteso come indeterminazione assoluta dell’agire, che<br />

avrebbe potuto risolversi in modo contrario a quello effettivamente verificatosi, nasce dal<br />

fatto che non siamo in grado di determinare in anticipo quale motivo sarà quello dominante<br />

e decisivo; ma possiamo essere certi che esso soltanto (una volta prodottosi, per effetto<br />

meccanico delle reazioni cerebrali) e nessun altro, sarà la causa determinante dell’azione<br />

da noi compiuta. L’illusione del libero arbitrio coincide cioè con l’ignoranza delle cause,<br />

che determinano necessariamente l’agire. Siamo qui di fronte a un evidente RIDUZIONISMO<br />

scientifico, alla pretesa cioè di spacciare la spiegazione fisiologica dell’agire come l’unica<br />

razionalmente possibile. Ma è innegabile la forza di suggestione (la semplicità di<br />

spiegazione) di un tale determinismo, che nel momento in cui pare dissolvere l’illusione<br />

della libertà, ne fonda con certezza la necessità, mediante un concetto assai trasparente<br />

(anche se un po’ rozzo) di RESPONSAB<strong>IL</strong>ITA’ dell’agire. Siamo responsabili dei nostri atti, in<br />

quanto ne siamo con certezza l’unica causa efficiente (se non ci troviamo in uno stato di<br />

costrizione fisica o di modificazione patologica del cervello), e dunque ne portiamo tutta<br />

intera la responsabilità. Ciò deve bastare alla sanzione giuridica e alla regolazione<br />

dell’agire sociale, lasciando fuori dalla considerazione scientifica (che potrà interessare al<br />

moralista o al religioso), il giudizio sulla disposizione dell’abito morale della volontà<br />

singola, che si rifletterà in ogni caso nelle azioni compiute.<br />

2. Una conferma della forte suggestione che il determinismo esercita sulle menti<br />

filosofiche più disposte a dialogare con la razionalità positiva degli scienziati si ha in Kant.<br />

E’ stato lui il primo a prendere in seria considerazione la tesi del DETERMINISMO laplaceano, a<br />

conferirgli dignità di tesi filosofica generale, di possibile asserzione metafisica, che egli<br />

confronta con l’opposta asserzione dell’INDETERMINISMO, nella terza antinomia della<br />

“Dialettica trascendentale” della Critica della ragione pura. Le antinomie si riferiscono<br />

all’idea di mondo, a fondamento della cosmologia razionale della tradizione (una delle tre<br />

parti in cui, secondo Wolff, si suddivideva la metafisica speciale – psicologia razionale,<br />

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