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IL PROBLEMA DELLA LIBERTA' TRA ETICA E POLITICA - Filosofia

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originari, ma sono il frutto di un atteggiamento metodico, il risultato di una astrazione<br />

scientifica: “nella considerazione psicologica – scrive Martinetti – noi facciamo astrazione<br />

dall’aspetto che non ci interessa; così studiamo il mondo delle conoscenze facendo<br />

astrazione dal lato sentimentale-attivo e studiamo i sentimenti e i desideri facendo<br />

astrazione dal lato conoscitivo che li condiziona” (L 314).<br />

3) Facciamo un esempio: la visione del quadro di Van Gogh “I girasoli”, il famoso<br />

“giallo” prediletto dal pittore olandese. Possiamo analizzare le proprietà ottiche di quel<br />

colore così unico (mediante la visione diretta, l’uso di buone riproduzioni, il confronto con<br />

tonalità cromatiche usate da Van Gogh in altri quadri o con quelle di quadri altrettanto<br />

famosi di altri pittori: come la “Ronda di notte” di Rembrandt, ecc.). Possiamo anche<br />

utilizzare strumentazioni scientifiche più sofisticate (come fanno i restauratori),<br />

analizzando la composizione chimica di quel colore, le sue proprietà fisiche, ecc. Alla fine<br />

potremo dire di sapere che cos’è il giallo Van Gogh, da un punto di vista esclusivamente<br />

conoscitivo-teoretico. Ma è evidente che il vissuto psicologico di quell’atto di visione non è<br />

esaurito da una simile conoscenza. Già dal punto di vista della considerazione estetica (un<br />

aspetto rilevante della conoscenza, ma distinto da quello specificamente teoretico), la<br />

sensazione del “giallo” non è la semplice visione in astratto di un colore, ma la percezione<br />

di un insieme complesso di rapporti (tonalità, contrasti di luce, forme, ecc.) che hanno più<br />

un rimando qualitativo che non meramente quantitativo. In ogni caso, per limitarsi a<br />

“conoscere” il contenuto rappresentativo offerto da quell’atto di visione, dobbiamo per così<br />

dire “neutralizzarlo”: fare cioè completa astrazione da tutto ciò che lo integra nella<br />

concretezza del vissuto psicologico: “sto contemplando “I girasoli” di Van Gogh”. Anzitutto<br />

il sentimento vivo che quel “giallo” suscita in me: un sentimento inconfondibile, che implica<br />

“partecipazione” emotiva, suscita “immedesimazione” oppure “repulsione” (persone<br />

rilassate possono esserne attratte, persone eccitate o psicolabili possono esserne turbate,<br />

fino al punto di dover distoglierne lo sguardo). Anche ponendoci nell’atteggiamento della<br />

contemplazione puramente estetica (kantianamente: un piacere disinteressato), e dunque<br />

astraendo dalla dimensione pragmatica (utilitaria o edonistica) della visione (lo sguardo del<br />

critico d’arte o dell’amante della pittura di Van Gogh è evidentemente diverso da quello del<br />

turista che passa distrattamente o si sofferma su aspetti solo contenutistici del quadro),<br />

dobbiamo qui riferirci al valore sentimentale di quel giallo, più che alle sue caratteristiche<br />

ottiche o sensibili (dirò ad esempio: “mi piace di più il giallo dei quadri di Van Gogh, che<br />

non il blu”). Ma se non vogliamo limitarci a guardare il quadro, ma cerchiamo di intenderlo<br />

veramente per quello che è, ossia un’opera d’arte, dobbiamo andare oltre: sforzarci di<br />

guardarlo, per così dire, con gli occhi stessi di Van Gogh, ricrearlo con la nostra mente,<br />

riviverlo esteticamente, ma anche “moralmente” (non nel significato di una considerazione<br />

moralistica dell’opera, ma in quello, crociano, di arrivare a concepire l’opera d’arte interna,<br />

il modello archetipico dell’artista-creatore, anziché limitarci all’opera d’arte esterna, alla<br />

mera delibazione contemplativo-edonistica della tecnica artistica, del materiale, ecc.).<br />

Dobbiamo, per così dire, “entrare nella tela”, muoverci in essa, come seguendo i<br />

movimenti tracciati dal pennello di Van Gogh (una cosa che il grande regista giapponese<br />

Kurosawa è riuscito persino a rappresentare, in uno dei suoi film più straordinari: Sogni).<br />

Solo a quel punto potremo dire di “vedere” il giallo, come lo vedeva Van Gogh: ma allora il<br />

sentimento acquisterà una violenza, il colore toccherà una incandescenza, che solo<br />

l’azione di dipingere quel quadro ha motivato. Quello che per noi è “un colore fantastico”,<br />

per Van Gogh è stato un’azione singolare, di valore morale prima che estetico (non solo<br />

un atto “terapeutico”, per sopportare la malattia psichica, allontanando di qualche mese il<br />

suicidio, ma un gesto creatore, individuale e universale insieme, che ci consente di dire,<br />

ad esempio: “amo il giallo dei Girasoli”, “solo dopo che ho visto “i Girasoli” di Van Gogh,<br />

amo quei fiori, quando li vedo in un campo, o in un vaso”, ecc.).<br />

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