IL PROBLEMA DELLA LIBERTA' TRA ETICA E POLITICA - Filosofia
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ascensione ***<br />
(Lezione 19 aprile 2005)<br />
I capitoli 11-14 delineano quella fenomenologia della libertà, che ha il compito di preparare<br />
la discussione finale sui temi cruciali della responsabilità, del libero arbitrio e della<br />
conciliazione di libertà e determinismo, che prepara all’intenso “epilogo metafisico” finale<br />
del libro (cap. 18). Libertà fisica o di spontaneità, libertà pratica o razionale, libertà morale,<br />
civile, religiosa, sono i “gradi” di uno svolgimento continuo e necessario della personalità<br />
etica dell’uomo, che Martinetti – con un termine che ne tradisce l’ascendenza<br />
“neoplatonica” (nel particolare significato storico precisato dal cap. 6) – chiama<br />
ascensione. Vi dovrebbero essere familiare la terminologia di Plotino: proodos<br />
(processione) ed epistrophé (conversione o ritorno), mediante cui il neoplatonismo<br />
accorda il punto di vista di Platone con quello di Aristotele, il dualismo metafisico del primo<br />
con il pluralismo ilemorfistico del secondo, conciliati in un gradualismo metafisico, che<br />
Martinetti riprende. Proodos è il processo necessario di irradiazione degli esseri dall’unità<br />
originaria, che segue il filo delle tre ipostasi (sostanze) principali: Uno, Intelletto, Anima. Si<br />
tratta di un processo di derivazione logica e insieme ontologica del molteplice dall’unità,<br />
mediante cui l’Uno (coincidente con il divino) non fuoriesce realmente da se stesso e dalla<br />
propria azione immanente (dio come pensiero di pensiero), ma produce come un riflesso<br />
della propria unità e perfezione razionale, nei gradi successivi e discendenti dell’essere<br />
creato. Epistrophé è l’atto (ugualmente necessario) mediante cui ciascuna ipostasi<br />
inferiore, una volta prodottasi per un allontanamento da quella superiore (le metafore<br />
poetiche usate da Plotino sono quelle della cascata d’acqua, che emana dalla sorgente, o<br />
della luce, che si rifrange in infiniti specchi concentrici, che ne indeboliscono e opacizzano<br />
l’immagine, senza farle perdere nulla della propria forza di irradiazione, ecc.), si rivolge a<br />
lei per contemplarla, acquisendo in tal modo il proprio essere sostanziale e punto di<br />
consistenza. L’essere nella sua totalità onnicomprensiva (che esclude da sé solo il non<br />
essere della materia assoluta) può essere cioè descritto in questi due modi opposti e<br />
equivalenti: come passaggio dall’unità alla molteplicità (dialettica discendente), o come<br />
passaggio dalla molteplicità all’unità (dialettica ascendente).<br />
Ora, quando Martinetti parla di ascensione spirituale, con riferimento al fenomeno della<br />
personalità morale, ovvero dell’io cosciente, che emerge per gradi dalla vita inferiore del<br />
senso a quella superiore della ragione e della libertà, ha evidentemente presente<br />
soprattutto questo secondo momento. Il suo allontanamento da Hegel (alla cui dialettica,<br />
sia pure “riformata”, si rifacevano sia Croce che Gentile) e la sua fedeltà allo spirito del<br />
criticismo kantiano, impediscono al suo idealismo trascendente di prendere la strada di<br />
una derivazione speculativa del molteplice dell’esperienza dall’unità logico-ontologica della<br />
sostanza (persino il suo Spinoza non è un realista-monista, ma un idealista neoplatonico e<br />
dualista). L’unità è il principio formale di ogni essere e di ogni realtà; laddove il molteplice<br />
ne costituisce la materia. Ma non si dà alcuna dialettica discendente, che consenta da<br />
ricondurre senza residui l’a posteriori all’a priori, il molteplice graduato o disperso<br />
dell’esperienza all’unità del suo principio sostanziale assoluto. L’unica dialettica reale è<br />
quella ascendente, mediante cui il contenuto fenomenico dell’esperienza si unifica per<br />
gradi, procedendo nella direzione (infinita) dell’unità, che rimane, nel suo termine finale,<br />
trascendente (dialettica negativa, Deus absconditus, ecc.). Il soggetto metafisico (la<br />
personalità morale) che sostiene e raccoglie in sé i vissuti esperienziali della coscienza (in<br />
linguaggio neoplatonico: l’anima rispetto all’Intelletto o nous) è la volontà stessa. Martinetti<br />
condivide il volontarismo della metafisica moderna post-idealista (da Schopenhauer a<br />
Wundt): al posto del vuoto e formale io penso kantiano si trova qui, a fondamento di una<br />
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