13.04.2016 Views

diOblique

rs_mar16

rs_mar16

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

La rassegna stampa di Oblique | marzo 2016<br />

quali Gattis contrappone un’unità di tempo, luogo<br />

e azione quasi aristotelica nel suo rigore. Quelli che<br />

leggiamo e a cui quasi ci sembra di assistere sono<br />

veri e propri monologhi in presa diretta, nei quali<br />

alla descrizione dei fatti, e al crescendo di violenza<br />

che finisce per travolgere ognuno dei protagonisti, si<br />

alternano riflessioni, divagazioni sul proprio passato,<br />

veri e propri micro-trattati di filosofia spicciola.<br />

Un aspetto, questo dell’autocoscienza delle voci narranti,<br />

che parte della critica ha trovato discutibile,<br />

parlando di effetto irrealistico e di rallentamenti nel<br />

ritmo del racconto: ma che è senz’ombra di dubbio<br />

frutto di una scelta consapevole, e della volontà di<br />

dare la parola a tutti i personaggi, sfidando le leggi<br />

della verosimiglianza fin dal primo capitolo, quando<br />

è Ernesto Vera in persona a raccontare, in soggettiva,<br />

il pestaggio e l’accoltellamento che culmina nella<br />

sua morte.<br />

Tanto dunque è lineare la scelta narrativa di Gattis<br />

– una radicalizzazione estrema della tranche de<br />

vie – quanto è complessa, e forse almeno in parte<br />

contraddittoria, quella di Hallberg. Nel prologo di<br />

Città in fiamme, un io narrante del quale conosceremo<br />

l’identità solo alla fine del romanzo si trova in<br />

«un appartamento altrimenti disabitato sulla Sedicesima<br />

Ovest», e in particolare nel portico dell’appartamento,<br />

«sorretto da pali così alti che sembra di<br />

stare a Nantucket», affacciato su uno di quei cortili<br />

interni che lasciano filtrare le sirene, i rumori del<br />

traffico, le voci della metropoli. «Dopotutto», ci dice<br />

l’anonima voce, «in questo cortile non c’è niente che<br />

non ci fosse già nel 1977; forse l’anno non è questo,<br />

ma quello; e tutto ciò che segue deve ancora venire.<br />

Forse una molotov sta volando nel buio, forse un<br />

reporter sta attraversando di corsa un cimitero; forse<br />

la figlia del pirotecnico è ancora appollaiata su una<br />

panchina coperta di neve a proseguire la sua veglia<br />

solitaria. Perché se le prove indicano qualcosa, è che<br />

non esiste un’unica Città. O che, se esiste, è la somma<br />

di migliaia di varianti, tutte in gara per raggiungere<br />

lo stesso punto».<br />

Stupisce che la critica, molto attenta a rintracciare<br />

le fonti letterarie e non cui Hallberg ha attinto, abbia<br />

invece trascurato quella che appare una vera e<br />

propria dichiarazione di poetica. Facendo apparire<br />

sulla scena, in simultanea, azioni e personaggi che<br />

si dipaneranno nel corso del romanzo, la voce narrante<br />

dichiara espressamente quale sarà l’obiettivo<br />

finale del suo racconto: narrare la città come somma<br />

di migliaia di varianti, registrarne i movimenti<br />

convulsi e le misteriose convergenze in quell’unico<br />

punto che sarà il blackout, la resa dei conti finale.<br />

O forse, invece, l’innocente cortile sulla Sedicesima<br />

Ovest dove tutto rivive, perché la molotov sta<br />

ancora volando nel buio, perché è «piena estate»,<br />

e chi racconta è ancora e sempre «nel pieno della<br />

vita». Nelle sezioni migliori del romanzo, quando<br />

sulla tentazione di ricostruire nei dettagli le vite<br />

dei personaggi prevale la capacità davvero impressionante<br />

di tenerli tutti sul filo, seguendoli passo<br />

passo nelle loro esplorazioni dello spazio urbano,<br />

Hallberg raggiunge una sincronia spazio-temporale<br />

che ha qualcosa di davvero nuovo, e memorabile:<br />

e che fa di Città in fiamme un romanzo forse<br />

imperfetto, ma che apre prospettive inedite ed è<br />

certamente destinato a rimanere.<br />

Tanto dunque è lineare la scelta narrativa di Gattis<br />

– una radicalizzazione estrema della tranche de vie –<br />

quanto è complessa, e forse almeno in parte contraddittoria,<br />

quella di Hallberg.<br />

41

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!