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La rassegna stampa di Oblique | marzo 2016<br />

nelle sue innumerevoli botteghe. L’indipendenza<br />

dalle contraddizioni e dai conflitti che lacerano la<br />

società non è che un esercizio narcisistico privo di<br />

qualunque interesse. Che cosa farsene di un’autonomia<br />

incapace di sviluppare discorso critico? Di<br />

non stare solo fuori, ma di essere anche contro? Di<br />

parlare a chi non ha fatto pace con «lo stato di cose<br />

esistente»? L’indipendenza costituisce la condizione<br />

di un progetto, non ancora il progetto stesso.<br />

La possibilità di scegliere non sostituisce l’oggetto<br />

della scelta. È di questo, semmai, della capacità di<br />

sovvertire il senso comune, di alterare l’ordine del<br />

discorso, di deviare dalle regole e dalle consuetudini,<br />

di svelare ciò che è celato, che ci interessa parlare.<br />

Questo uso dell’indipendenza vanta, del resto,<br />

esempi illustri, ma che purtroppo oggi non possiamo<br />

che definire «storici». Esperienze nate e cresciute<br />

in altri tempi e con altre comunità di lettori: la<br />

Feltrinelli di Giangiacomo e le sue prime librerie, la<br />

Einaudi di Giulio dal dopoguerra agli anni Ottanta.<br />

Una serie ininterrotta di «scoperte» che rispondevano<br />

tempestivamente alla domanda di una società<br />

in rapida trasformazione. Case editrici che costruirono<br />

la cultura critica italiana in quegli anni contro<br />

l’assetto dominante dei poteri e dei saperi. Non<br />

possiamo, beninteso, concederci nostalgie. Il posto<br />

privilegiato che la carta stampata occupava nel mondo<br />

è acqua passata così come l’intensità del conflitto<br />

sociale. Oggi il passaggio dall’autonomia all’antagonismo<br />

si articola su una pluralità di strumenti comunicativi<br />

(tra i quali il libro non è affatto scomparso)<br />

che interagiscono a diversi livelli. Ma è un passaggio<br />

che continua a «dipendere» dalle inquietudini di un<br />

mondo in subbuglio e dalla sua domanda di cambiamento.<br />

Ben venga, allora, una combattiva «editoria<br />

dipendente».<br />

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