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La rassegna stampa di Oblique | marzo 2016<br />

qualsiasi riferimento a Satana, mentre a un italiano<br />

fa ridere». Ma il vero pericolo è un altro. «La<br />

standardizzazione», dice Podestà. «Ci sono traduzioni<br />

in cui la lingua è passata al tritacarne per renderla<br />

più accessibile: il lettore non deve fare fatica.<br />

In norvegese la gente cena verso le 16-16.30. Poi<br />

sul tardi si mangia un “kueldsmat”, che io traduco<br />

con spuntino serale. Mi sono trovata a discutere<br />

con case editrici che lo correggono in “cena” per<br />

semplificare, ma la cena implica un’idea diversa, di<br />

programmazione. In più, se ti dico che quello è lo<br />

spuntino serale significa che qui si mangia due volte.<br />

Ti apro una finestra sulla cultura, ti arricchisco».<br />

Eppure si dice che un lavoro così sofisticato nel giro<br />

di una decina di anni potrebbe scomparire, così come<br />

quello di interprete. I programmi di traduzione automatica<br />

mimeranno le reti neuronali e ci metteranno<br />

poche ore, o minuti, a «trasformare» un testo da<br />

una lingua all’altra. Agli umani rimarrà un ruolo di<br />

revisione. Goldstein non ci crede. «Penso che ci sarà<br />

sempre bisogno di un’intelligenza che sia in grado<br />

di fare distinzioni sottili fra i significati delle parole<br />

ma anche, o soprattutto, delle frasi intere». Anche<br />

Amitrano è scettico. «Esistono delle applicazioni<br />

che traducono dal giapponese intere frasi. Non sono<br />

male, ma siamo ben lontani dalla letteratura». «Io su<br />

Google translator vedo delle emerite cavolate», dice<br />

Podestà. «In norvegese esiste un dolce a base di riso,<br />

avena e latte che si chiama “grøt”. Se il contesto sociale<br />

è sofisticato lo traduco con porridge, se siamo<br />

in ambiente informale sarà riso e latte, ma se ce l’ha<br />

davanti un bambino a cui fa schifo è una poltiglia di<br />

riso e latte, mi spiego? Una macchina non è in grado<br />

di capire». «Per ora ho visto solo traduzioni tecniche<br />

ma sarebbe affascinante», conclude Bocchiola. «A<br />

seconda dei programmi si potrebbero avere infinite<br />

traduzioni dello stesso testo. O paradossalmente riscriverlo<br />

in assoluta coincidenza con l’originale: come<br />

capita a quell’immaginario personaggio di Borges<br />

che riscrive il Don Chisciotte parola per parola».<br />

L’import export che fa volume<br />

Secondo gli ultimi dati disponibili dell’Aie (2014), l’editoria<br />

italiana ha acquistato i diritti all’estero per 9104 titoli, mentre<br />

ne ha venduti per 4914. Il 17,7 percento dei libri pubblicati è<br />

tradotto da una lingua straniera. Di questa percentuale il 64,8<br />

percento dei titoli appartiene al mondo anglosassone, seguito<br />

da un 13,3 percento di francesi, un 8,7 percento di tedeschi e un<br />

3,2 percento di spagnoli. La vera novità rispetto agli anni scorsi<br />

è rappresentata dalla crescita dei titoli in lingue slave (1,9 percento)<br />

e minori (7,9 percento). È interessante notare anche che<br />

la tiratura media dei titoli in lingua inglese (5870) e spagnola<br />

(7040) supera di gran lunga quella dei libri italiani (2055).<br />

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