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sostanza, lo spirito di un testo, anche se non sempre<br />
posso farlo mantenendo la sintassi». A Bocchiola<br />
piace l’ultima fase, quella in cui deve dare gli ultimi<br />
ritocchi di stile. «A quel punto mi diverto proprio.<br />
Mi sento un pittore più che uno scrittore». C’è chi<br />
legge il libro intero e chi procede paragrafo per paragrafo.<br />
«Devi sublimarti nell’autore, entrare umilmente<br />
nella sua pelle», dice Podestà. «Posso passare<br />
ore e ore sulle prime 4-5 pagine e non scrivo una<br />
riga fino a quando non ho trovato il tono per l’incipit.<br />
È davvero un momento sacro». A sentirli parlare<br />
sembra di avere a che fare con degli alchimisti della<br />
parola. E l’aspetto affascinante è che il processo è<br />
parzialmente inconscio e il risultato varia a seconda<br />
della propria cultura e della propria storia. «La<br />
trasformazione dal giapponese è una vera reinvenzione»,<br />
dice Amitrano. «Devi cambiare totalmente<br />
l’ordine della frase e del discorso per garantire la<br />
fedeltà. O togliere parole. Ripetizioni che in giapponese<br />
sono accettate vanno eliminate in italiano».<br />
Un’altra questione è il registro. «In Norvegia hai<br />
due lingue ufficiali e poi un sacco di dialetti. Questo<br />
determina la scelta del lessico, alto o basso», dice<br />
Podestà. E naturalmente ogni autore richiede abilità<br />
diverse. «Banana è difficile anche se a leggerla risulta<br />
facile», continua Amitrano. «Scrive in modo intuitivo,<br />
impressionista, influenzato dalla cultura manga.<br />
Per arrivare a quell’effetto infantile ci vuole molta<br />
fatica: come tradurre poesia. Murakami racconta<br />
storie visionarie ma è molto preciso nel formare le<br />
frasi, ha una struttura sintattica molto nitida».<br />
Se ci sono dei dubbi si va direttamente alla fonte.<br />
Shomroni è diventata amica personale di Yehoshua<br />
e Grossman. Goldstein ha corrisposto spesso con<br />
Ferrante tramite casa editrice e per Levi si è con-<br />
Nell’incontro e scontro tra culture<br />
a volte bisogna ammettere i limiti<br />
del linguaggio di arrivo.<br />
sultata col centro Primo Levi a Torino. Per il resto<br />
c’è Internet. «Puoi controllare istantaneamente se<br />
una strada esiste o meno, verificare un modo di dire.<br />
Tutte cose che ti rendono più tranquillo e soprattutto<br />
ti consentono di lavorare velocemente», dice<br />
Bocchiola. «Per il norvegese c’è sempre stato il problema<br />
di trovare dei vocabolari», aggiunge Podestà,<br />
«ora è tutto lì. Io uso molto Google anche per le<br />
immagini, le caratteristiche del posto di cui si parla<br />
oppure di un piatto». Quanto conta una buona traduzione<br />
nel determinare la fortuna di un libro? «Se<br />
un libro è abbastanza forte avrà successo comunque»,<br />
dice Goldstein. «Dipende dal testo di partenza»,<br />
dice Bocchiola. «Un thriller che gioca sulla<br />
trama piacerà a prescindere, basta una traduzione<br />
corretta. Se invece è fondamentale l’originalità dello<br />
stile il discorso cambia. Penso a traduzioni d’autore<br />
come il Brecht interpretato da Strehler per il teatro<br />
o il Moby Dick di Pavese, che è entrato nei canoni<br />
della letteratura del Novecento. Welsh non può che<br />
passare per autentiche trasformazioni che riflettono<br />
la storia e il gusto del traduttore. Quel linguaggio<br />
molto regionale, ripetitivo, un po’ grossolano e con<br />
effetto comico deve essere riscritto in un italiano stilisticamente<br />
accattivante per arrivare al lettore. In<br />
tal caso possono esserci anche delle arbitrarietà, e<br />
qui c’entra la valutazione editoriale, ma non devono<br />
essere percepite dal lettore».<br />
Nell’incontro e scontro tra culture a volte bisogna<br />
ammettere i limiti del linguaggio di arrivo. Per<br />
esempio: è più facile rendere una scena tragica che<br />
una comica, perché ogni cultura ride a modo suo.<br />
«Nell’ultimo di Grossman, Applausi a scena vuota,»<br />
dice Shomroni «ho dovuto fare i salti mortali perché<br />
il protagonista è un comico, uno “standuppista”,<br />
e battute che per gli israeliani hanno un senso<br />
per un italiano sono totalmente oscure. Ho dovuto<br />
reiventarle. Non parliamo poi dei giochi di parole.<br />
Grossman, che è un cultore della lingua, ne fa<br />
tanti. Purtroppo non si riesce sempre a renderli».<br />
Per Podestà un problema sono le bestemmie: in<br />
una cultura pesantemente protestante guai a scomodare<br />
l’aldilà. «“Vai all’inferno” per un norvegese<br />
è un’offesa capitale, ha un peso enorme, così come<br />
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