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Analfabeti brava gente<br />

La maggioranza degli italiani è funzionalmente analfabeta.<br />

Ma innanzitutto, chi è un analfabeta funzionale?<br />

E come è cambiata la situazione nell’èra della rivoluzione digitale?<br />

Roberto Pizzato, prismomag.com, 14 marzo 2016<br />

Qualche giorno fa, mi è capitato di ascoltare un’intervista<br />

a Tullio de Mauro, uno dei più importanti<br />

linguisti italiani ed ex ministro dell’Istruzione. Cominciava<br />

così: «La parte di popolazione italiana al<br />

di sotto di quelli che vengono ritenuti i livelli minimi<br />

di comprensione di un testo scritto è un po’<br />

più del 70 percento della popolazione». Mentre mi<br />

chiedevo come si possa vivere senza riuscire a capire<br />

un bugiardino o l’articolo di un giornale, De<br />

Mauro rincarava la dose. Se il testo richiede «[…]<br />

pieno esercizio dell’alfabetizzazione funzionale, della<br />

capacità di orientarsi di fronte al testo scritto e<br />

di produrlo, la percentuale degli inefficienti arriva<br />

addirittura all’80 percento».<br />

Digitando «analfabetismo funzionale» su Google si<br />

possono trovare dati molto diversi da quelli citati da<br />

De Mauro. Wikipedia in lingua italiana, ad esempio,<br />

riporta due tabelle. La prima mostra i numeri<br />

di uno studio commissionato dallo United Nations<br />

Development Programme (2009): secondo questo<br />

studio, il 47 percento della popolazione italiana tra<br />

i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. La seconda<br />

tabella proviene da una ricerca del governo canadese<br />

(2011): la fascia d’età considerata è la stessa (16-65)<br />

e anche la percentuale indicata (47 percento), ma si<br />

riferisce solo agli italiani incapaci di comprendere<br />

un testo di prosa. Scorrendo la lista dei primi 10<br />

risultati di ricerca, balza all’occhio anche un lungo<br />

articolo dal titolo «Chi parla di analfabetismo funzionale<br />

è un alfabeta funzionale». La sensazione che<br />

si prova è di spaesamento: da un lato sono molti gli<br />

articoli sul tema, dall’altro, al di là degli allarmismi,<br />

pare complicato farsi un’idea della situazione. Un<br />

dato in comune però, le 4 fonti che ho appena citato<br />

ce l’hanno: seppure tutte presentino cifre diverse,<br />

l’Italia ha sempre le percentuali peggiori d’Europa.<br />

Una (non) definizione<br />

Proviamo a fare ordine. Innanzitutto, chi è un analfabeta<br />

funzionale? Detto che l’Unesco definisce<br />

l’alfabetizzazione (literacy) come un diritto umano<br />

fondamentale e il punto nevralgico del programma<br />

Education for All, la definizione di «analfabeta<br />

funzionale» venne introdotta proprio dalla stessa<br />

Unesco nel 1978: «Una persona è funzionalmente<br />

alfabetizzata se può essere coinvolta in tutte quelle<br />

attività nelle quali l’alfabetizzazione è richiesta per<br />

il buon funzionamento del suo gruppo e della sua<br />

comunità e per permetterle di continuare a usare la<br />

lettura, la scrittura e la computazione per lo sviluppo<br />

proprio e della sua comunità».<br />

Tuttavia, lo stesso testo specifica come nessuna delle<br />

definizioni «standard» di alfabetizzazione ne catturi<br />

tutti gli aspetti. E sottolinea come vi siano diverse<br />

interpretazioni dello stesso concetto, in alcuni casi<br />

addirittura contraddittorie. In un altro capitolo dello<br />

stesso report, si parla di literacy come qualcosa<br />

di dinamico e complesso, continuamente ridefinito<br />

dallo sviluppo di una società. Pragmaticamente,<br />

l’alfabetizzazione viene definita come la somma delle<br />

abilità di lettura, scrittura e calcolo sviluppate in<br />

ambienti formativi da giovani e adulti. Non solo parole,<br />

quindi. Ciononostante, come specificato nelle<br />

premesse della ricerca, l’idioma analizzato gioca un

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