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Le diaspore africane tra due continenti Indagine sulle ... - CeSPI

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I migranti africani che arrivano durante gli anni ’90 e 2000 sono invece già figli della disillusione e<br />

del disincanto. Cresciuti nell’assenza delle istituzioni e nell’economia informale delle caotiche città<br />

del continente, provengono da paesi profondamente cambiati rispetto a quelli che avevano mandato<br />

i propri studenti a studiare in giro per il mondo a cavallo <strong>tra</strong> gli anni ’70 e ’80. I migranti più<br />

giovani sono il risultato della sconfitta del sogno economico africano, del naufragio dello stato e del<br />

progetto di benessere nazionale e a volte della convivenza interetnica, come nel caso del Ruanda, e<br />

hanno un progetto puramente individuale e famigliare, svincolato da programmi e orizzonti<br />

nazionali e meno che mai panafricani. Inoltre, in modo più marcato che per la generazione dei<br />

pionieri e degli studenti, sono attanagliati dal problema della sopravvivenza personale e dalle<br />

richieste di una famiglia molto più dipendente da loro che in passato.<br />

Quando i nuovi immigrati sono arrivati qui la Nigeria già non c’era più, si era sfasciata la secondary<br />

school…sono persone in lotta per la sopravvivenza che non hanno attinto alla fonte del panafricanismo<br />

che la mia generazione ha avuto la fortuna di conoscere. A Hungry man is a hungry man (Int. 6 RM).<br />

Tuttavia il legame con i luoghi di origine, pur non prendendo forme ampie e politiche e non<br />

connettendosi con nessuna ideologia sviluppista, indigenista o salvifica che fosse, sembra<br />

riacquisire una prospettiva sociale (e forse successivamente politica) incarnandosi in forme più<br />

circoscritte e comunitarie. Nascono negli ultimi 10-15 anni associazioni di villaggio con forti<br />

rapporti con le comunità di provenienza, oppure associazioni di stampo sociale e culturale con<br />

solido radicamento territoriale in specifiche località. Come si dirà nel paragrafo 2, alcune di queste<br />

associazioni sperimenteranno iniziative di sviluppo comunitario destando anche l’attenzione e la<br />

collaborazione dei diversi organismi della cooperazione.<br />

Questa concezione ‘<strong>tra</strong>nslocale’ dello sviluppo sembra caratterizzare anche le <strong>diaspore</strong> di rifugiati<br />

politici, che tuttavia considerano necessario un previo processo di pacificazione e di stabilizzazione<br />

politica. Per alcuni gruppi diasporici, lo sviluppo nazionale non è assolutamente un argomento<br />

affrontabile finché resteranno in sella i Governi da cui essi stessi sono stati perseguitati e mandati in<br />

esilio forzato. In queste condizioni l’unica forma di attivazione che risulta perseguibile è, al<br />

massimo, quella verso la propria ristretta comunità di provenienza.<br />

Più in generale, per molti africani, perché si possa parlare realmente di sviluppo è necessario un<br />

doppio processo di democratizzazione. Un processo interno che promuova il multipartitismo e le<br />

libere elezioni, il ricambio della classe dirigente, la partecipazione popolare e il protagonismo della<br />

società civile, ma anche le condizioni di sicurezza minime e la liberazione del territorio dalla<br />

violenza politica e sociale:<br />

Il problema è che i governi non sono eletti, come fa un governo che non sta li per il popolo, ma per altri,<br />

a fare il bene di quel popolo? Deve rendere conto ad altri, a chi li protegge, ma non deve rendere conto al<br />

popolo (Int. 2 MI).<br />

Non esiste al momento una progettualità in merito al disarmo dei civili, una situazione rischiosissima, la<br />

sicurezza dalla violenza politica è garantita in minima parte solo a Luanda. Il resto del paese è sotto<br />

minaccia di gruppi armati che reprimono qualsiasi iniziativa politica e sociale che sembri critica con il<br />

Governo (Int. 17 RM).<br />

Ma si <strong>tra</strong>tta anche di ottenere una democratizzazione delle relazioni internazionali, un riequilibrio<br />

dei poteri e dei diritti degli africani sul proprio continente rispetto agli interessi e alle imposizioni<br />

dell’Occidente:<br />

Lo sviluppo dell’Africa non dipende né dagli africani in Africa né dalla diaspora, perché al potere ci sono<br />

governi che sono voluti dall’occidente che <strong>tra</strong>e vantaggio dal tenere l’Africa in questo stato (Int. 4 MI).<br />

Il problema dello sviluppo in Africa riguarda infatti l’ingerenza occidentale che mantiene i paesi allo<br />

stato di povertà e comune belligeranza. Quando sono tornato in Africa nel 2002 e vedevo tutta quella<br />

povertà…gli aiuti all’Africa arrivano da 50 anni ma nulla è cambiato e non c’è stato nessun aiuto. E’<br />

tutto un degrado che sembra inconcepibile. E’ come la paura della Cina…se anche l’Africa si<br />

sviluppasse, farebbe paura. Il Petrolio non basterebbe per tutti se anche in Africa tutti avessero una<br />

macchina. Per uno ricco, serve che ci sia uno stato povero. Ma i soldi per le armi arrivano. Chi fornisce<br />

le armi? Sono aiutati a rimanere indietro. (Int. 2 MI)<br />

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