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Le diaspore africane tra due continenti Indagine sulle ... - CeSPI

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personalità, la vocazione e le capacità. In non pochi casi vi erano, <strong>tra</strong> gli intervistati, personalità<br />

“pubbliche”, dunque persone che per il ruolo ricoperto godevano di una certa visibilità, sia presso la<br />

società locale o nazionale italiana, che <strong>tra</strong> la cerchia dei compatrioti e la società di provenienza. Non<br />

tutti gli intervistati, comunque, provengono da ambienti benestanti. Se in un certo numero di casi le<br />

loro famiglie hanno potuto permettersi di mandarli a studiare all’estero, per altri la migrazione ha<br />

rappresentato un’occasione di rottura rispetto al proprio ambiente di provenienza, che invece non<br />

era in grado di provvedere alle proprie esigenze di formazione. In ogni caso, molti di loro sono<br />

arrivati e hanno vissuto (almeno la fase iniziale della loro permanenza) vivendo le medesime<br />

difficoltà dei migranti più svantaggiati. Quasi tutti poi hanno vissuto la difficoltà di trovare la<br />

propria s<strong>tra</strong>da professionale, di conquistare una posizione lavorativa corrispondente alla propria<br />

preparazione e formazione, vedendosi costretti a percorsi tortuosi e complicati per poter continuare<br />

a praticare e vivere le proprie passioni, impegni e obiettivi.<br />

Alcuni facevano parte di élite in patria ma si sono ritrovati a sperimentare una forte mobilità sociale<br />

discendente, in particolare molti attivisti politici che, a causa del proprio ruolo e della propria<br />

militanza nei partiti di opposizione, hanno dovuto abbandonare i propri paesi e giungere qui come<br />

rifugiati politici, trovando poi impieghi di basso profilo e qualifica. Altri, invece, rappresentano<br />

esempi di continuità <strong>tra</strong> un’appartenenza elitaria, privilegiata e benestante nel paese d’origine e una<br />

realizzazione lavorativa in Italia che ha permesso di mantenere anche qui da noi uno status sociale<br />

abbastanza elevato rispetto al resto della popolazione immigrata. In particolare si <strong>tra</strong>tta di esempi in<br />

cui si evidenzia l’importanza di percorsi di studio universitario in Italia o all’estero, spesso legati al<br />

sostegno di istituti religiosi o di reti familiari, che hanno permesso al migrante di immettersi<br />

direttamente negli impieghi più privilegiati e qualificati. Si <strong>tra</strong>tta in particolare di esponenti del<br />

mondo imprenditoriale immigrato e professionisti, come medici, giornalisti, informatici. E’<br />

importante anche segnalare come vi siano anche migranti di es<strong>tra</strong>zione umile che hanno invece<br />

trovato qui in Italia una dimensione di vita e un percorso di affermazione che li ha collocati in<br />

posizioni di spicco presso la propria comunità e la società italiana, quali soprattutto rappresentanti<br />

del mondo associativo, attivisti nel campo politico e sociale e imprenditori. Infine esiste una<br />

tipologia di migranti definibili ‘cosmopoliti’, nati in Europa da famiglie residenti in Europa, i cui<br />

legami con il paese di origine esistono più a livello culturale, affettivo o simbolico, che hanno una<br />

conoscenza dei luoghi africani legata a rientri temporanei e di vacanza, o che sono tornati in patria<br />

per svolgere funzioni di alta responsabilità nei paesi ‘di origine’.<br />

Si può comunque fare una distinzione generale. Troviamo un’élite “realizzata”, ossia quegli<br />

immigrati che sono in Italia da molti anni e che hanno radicato la propria presenza integrandosi<br />

completamente nel nostro tessuto occupazionale, sociale, culturale e politico, facendo spesso anche<br />

scelte affettive personali atte a rinforzare il loro senso di appartenenza al nostro Paese. Queste<br />

persone hanno conoscenze e reti di relazioni solitamente estese e <strong>tra</strong>sversali, una alta padronanza<br />

linguistica e culturale del paese di destinazione, una posizione sociale solida. Vi è per contro anche<br />

un’élite in via di definizione, che ancora sta seguendo un proprio percorso (una propria<br />

realizzazione sociale, lavorativa, familiare) e una rielaborazione della propria esperienza migratoria.<br />

Queste persone sono ancora sospese <strong>tra</strong> <strong>due</strong> società, occupano quello spazio ‘<strong>tra</strong>’ <strong>due</strong> mondi senza<br />

ancora averne trovato uno in cui sentirsi completamente a casa.<br />

In linea di massima <strong>tra</strong> queste <strong>due</strong> categorie di élite non abbiamo riscon<strong>tra</strong>to differenze evidenti nel<br />

loro approccio al tema dello sviluppo e al ruolo della diaspora nei destini africani. Al di là delle<br />

diverse situazioni contingenti di inserimento e del diverso grado di ‘contaminazione’ con la società<br />

italiana, non sono infatti emersi scarti significativi rispetto alla riflessione sulla funzione e la<br />

‘missione’ che agli africani espatriati potrebbe spettare nei confronti del continente di provenienza.<br />

La lunga permanenza qui e i legami con gli italiani non costituiscono una variabile decisiva nel<br />

grado di impegno psicologico, affettivo o concreto verso l’Africa, che non pare subire una parabola<br />

discendente con l’avanzare della permanenza. Semmai, in alcuni casi, il più marcato inserimento<br />

qualificato negli ambienti italiani, la realizzazione delle proprie aspirazioni professionali e<br />

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