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Le diaspore africane tra due continenti Indagine sulle ... - CeSPI

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Il secondo livello di problematicità riguarda la capacità dei singoli di trovare spazio nelle proprie<br />

vite per l’impegno sociale o politico verso i paesi di provenienza, e delle diverse organizzazioni di<br />

migranti di strutturare attività continuative e di incon<strong>tra</strong>rsi regolarmente. <strong>Le</strong> persistenti difficoltà<br />

della condizione di migrante in Italia, il regime giuridico sull’immigrazione (tutt’ora in vigore!) che<br />

provoca precarietà e fragilità esistenziale, la necessità di fare estrema attenzione alle risorse<br />

disponibili, ma anche semplicemente l’impatto della vita quotidiana sui tempi e le energie a<br />

disposizione, possono relegare facilmente in secondo piano i pensieri verso un qualche tipo di<br />

azione <strong>tra</strong>nsnazionale.<br />

La diaspora può aiutare molto, per esempio con i progetti come quello dei bambini, ma un’associazione<br />

deve servire più per i problemi che gli immigrati hanno qui. È una cosa… un passo per volta, che prima<br />

pensi a te e devi metterti a posto tu, poi pensi agli altri immigrati qui e poi al paese giù. (Int.1 MI).<br />

Questa visione cosi, un po’ romantica che voi avete dell’Africa, con la comunità, l’aiutarsi, l’immigrato<br />

che torna…ma non è cosi. Perché io ho <strong>due</strong> figlie qui e la mia vita qui, e non posso fare nulla. Devo<br />

comunque fare i conti con la famiglia, e i soldi del pedia<strong>tra</strong>. (Int. 2 MI).<br />

I migranti qui devono prima pensare a sé, devono prima regolarizzarsi, trovare un lavoro. Poi, viene il<br />

dovere morale della diaspora, la responsabilità dei migranti per i loro paesi. (FG UD).<br />

Risulta qui evidente la necessità di raggiungere innanzitutto un certo livello di stabilità, serenità e<br />

sicurezza in Italia – anche vedendo soddisfatte le proprie richieste e i propri diritti di immigrato –<br />

per poter successivamente essere in grado di pensare in modo costruttivo al paese d’origine. Sono<br />

perciò molti coloro che hanno manifestato l’esigenza di considerare in modo prioritario gli aspetti<br />

della propria condizione e integrazione in Italia − sia in termini lotta alla discriminazione che in<br />

termini di volontà di inserimento nella società italiana − prima di assumersi responsabilità per lo<br />

sviluppo dei paesi d’origine.<br />

Invece, chi è già attivamente impegnato nell’associazionismo s<strong>tra</strong>niero, nelle reti sociali del terzo<br />

settore o del mondo confessionale verso un rafforzamento della posizione dei migranti e delle loro<br />

capacità di azione, lamenta la mancanza di risorse per poter garantire la sopravvivenza a chi<br />

vorrebbe dedicarsi interamente al lavoro politico-sociale <strong>sulle</strong> questioni migratorie. Mancano sedi,<br />

mezzi e possibilità agevoli di incontro:<br />

Lo vediamo anche per le seconde generazioni, che per riunirsi devono andare a Vigna Clara,<br />

lontanissimo, e cosi ci vanno in pochi (…) Abbiamo dei problemi di riconoscimento, innanzitutto,<br />

riconoscere il ruolo di associazioni e persone-risorse in grado di progettare e radunare persone e a<br />

mantenere informazioni sui nostri paesi (…) Solo avendo dei mezzi si potrà procedere con un processo di<br />

organizzazione-selezione dei rappresentanti, devi poter pagare viaggi e alloggio alle persone (Int. 7 RM).<br />

Limiti organizzativi e budgetari interni a queste organizzazioni, difficoltà di reperire sedi adeguate.<br />

mancanza di fiducia e di sostegno finanziario dalle istituzioni del paese di destinazione, scarsi o<br />

nulli appoggi da parte delle proprie ambasciate sono tutti elementi che non favoriscono<br />

l’aggregazione, l’attivazione e l’efficacia delle organizzazioni della diaspora. In particolare, rispetto<br />

ad un lavoro organizzativo da compiere su scala nazionale e non limitato a singole comunità ma<br />

esteso all’intera popolazione africana residente in Italia, auspicato da una componente significativa<br />

dei partecipanti alla nos<strong>tra</strong> consultazione anche in conseguenza dell’iniziativa dell’Unione Africana,<br />

le summenzionate limitazioni costituiscono un freno difficilmente con<strong>tra</strong>stabile all’affermazione di<br />

un soggetto esteso e rappresentativo della diaspora.<br />

Al di là delle più o meno contingenti o viceversa strutturali difficoltà da parte dei migranti nel poter<br />

realizzare integrazione e solidarietà nella società di destinazione, e azioni <strong>tra</strong>nsnazionali e di<br />

sviluppo nei paesi di provenienza, esiste tuttavia un problema di fondo rispetto al proprio possibile<br />

ruolo nel progresso civile politico e economico dei propri paesi. Un pensiero ricorrente nelle<br />

argomentazioni degli africani che hanno partecipato alla ricerca concerneva l’impossibilità per la<br />

diaspora, anche a fronte di un dovere morale forte e di una capacità di aiuto concreto alle proprie<br />

comunità di origine, di risolvere da sola il problema dello sviluppo. Veniva infatti spesso<br />

sottolineato che la comunità dei migranti ha certamente delle responsabilità nei confronti del paese<br />

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