Le diaspore africane tra due continenti Indagine sulle ... - CeSPI
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ambizioni personali e appetiti per l’accaparramento di risorse. E’ necessario, inoltre, darsi dei tempi<br />
limitati per questo, non sprofondare in dibattiti e confronti eterni e inconcludenti, ma invece partire<br />
con un gruppo valido e <strong>tra</strong>scinare poi gli altri at<strong>tra</strong>verso la forza del proprio progetto:<br />
Se aspettiamo di fare una campagna elettorale <strong>tra</strong> gli africani per eleggere questo o quello non si farà mai<br />
un passo avanti… bisogna investire e dare fiducia a persone capaci e che da sempre combattono senza<br />
interessi, senza fare distinzioni sulla base della provenienza, persone che vivono dell’Africa. Il tempo sta<br />
scadendo, l’Africa sta cedendo e c’è urgenza. Portiamo su poche persone che sappiano partire, gli altri<br />
vedendo i risultati si aggregheranno. Fela Kuti diceva ironicamente che democracy era da intendere come<br />
demo-crazy, dimos<strong>tra</strong>zione di follia, perché si creano solo problemi senza riuscire a risolvere le cose. Se<br />
si aspetta che si smuova la base non partiremo mai, quella poi ti sostiene, se agisci positivamente (FG<br />
RM1).<br />
In un coordinamento di africani ci vorrebbe un portavoce, qualcuno che umilmente si fa carico di<br />
comunicare le decisioni, così si dribbla la questione del presidente, il re, il rappresentante…ma di che<br />
cosa? Ci vuole una ‘cupola’ dove siedono le persone che sono capaci e poi la base segue (…) Ci deve<br />
essere un gruppo che porta avanti il progetto, anche le associazioni –ormai siamo vaccinati- portano<br />
soprattutto i loro interessi e possono ricadere in vecchie logiche (FG RM1).<br />
Per altri, invece, piuttosto che “dribblata” la questione dell’investitura del potere e della delega e<br />
risolta la questione della rappresentanza con il consenso ex post, il problema va affrontato o con un<br />
attento bilanciamento di criteri, oppure lasciandolo sullo sfondo e dando priorità ai contenuti e al<br />
programma politico:<br />
In questa fase noi dobbiamo puntare alla creazione di un soggetto politico, che può partire da realtà<br />
micro, ma che deve essere orientato ad allargare una base comune. Non credo sia importante scegliere un<br />
solo criterio per individuare i rappresentanti di tale soggetto politico, si può scegliere quello associativo,<br />
quello che parte dalla nazionalità o dal territorio italiano,. oppure tutti questi insieme. Bisogna essere<br />
ottimisti rispetto a questo obiettivo. Nel focus group (Cespi, 12 marzo 2008) ho avvertito invece<br />
pessimismo, che riguarda soprattutto la preoccupazione <strong>sulle</strong> divisioni regionali, di lingua, <strong>sulle</strong> divisioni<br />
che riguardano le necessità di ciascun singolo paese e soprattutto sulla democraticità dei nostri paesi di<br />
provenienza. Non dobbiamo credere di essere impossibilitati a costruire qualcosa, sarà un processo con<br />
ostacoli, ma anche l’Europa ha avuto guerre sanguinose, dittature terribili, ancora oggi ci sono aspri<br />
con<strong>tra</strong>sti sull’economia o sulla politica estera (Int. 19 RM).<br />
Rispetto alla organizzazione della diaspora africana in Italia non bisogna partire da chi farà il presidente<br />
o il segretario ma da cosa vogliamo fare (Int. 13 RM).<br />
Ma al di là di queste pur importanti orientamenti dell’élite politica e associativa della diaspora, che<br />
cosa è successo dopo la Conferenza di Parigi, come è evoluto il quadro delle relazioni e<br />
dell’organizzazione della popolazione africana d’Italia? Da quanto si evince dalle testimonianze, da<br />
una parte vi è uno stadio di attesa delle prossime mosse della UA, dunque di immobilismo<br />
organizzativo ma comunque di riflessione e confronto rispetto al proprio ruolo nei confronti<br />
dell’Unione Africana e le proprie prerogative; dall’al<strong>tra</strong>, diversi gruppi starebbero cercando di<br />
accreditarsi come referenti del processo politico in corso:<br />
Al di là del Movimento degli Africani, che è precedente, dopo la Conferenza di Parigi sono nati gruppi di<br />
riflessione, ma non conosco a che punto siano, e non so neanche se e quando ci sarà la conferenza della<br />
diaspora in Africa, che doveva essere a Settembre 2008 (Int. 10 RM).<br />
Dopo Parigi è cresciuto il sentimento di africanità, il problema è come iniziare, i mezzi con cui farlo. E’<br />
iniziato un piccolo dibattito comunque, ci manca questo parlare come africani e poi lo pretendiamo dai<br />
nostri capi, che non sanno unirsi…(…) Da settembre a adesso non è successo granché, ci si incon<strong>tra</strong><br />
ancora… io ho proposto loro di continuare questo dibattito senza dover decidere qualcosa perché quello<br />
che riguarda il cuore e la mente delle persone ha bisogno di tempo, di calma. Si <strong>tra</strong>tta di tirare fuori una<br />
equipe di persone… La maggioranza sta aspettando le prossime mosse dei capi di Stato, in particolare del<br />
ministro degli esteri della UA (Int. 14 RM).<br />
Dopo Parigi si sono creati almeno <strong>due</strong> o tre gruppi, c’è frammentazione, tutti quanti vogliano essere i<br />
numeri 1, ci sono 5 numeri 1 a Roma. Prima ci vuole una piattaforma, poi i capi (FG RM1).<br />
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