Le diaspore africane tra due continenti Indagine sulle ... - CeSPI
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E’ in questo spiraglio di rinnovamento che si inseriscono le volontà e le aspettative di maggiore<br />
partecipazione politica di alcuni africani della diaspora, che in alcuni casi vorrebbero rien<strong>tra</strong>re e<br />
sperimentare un impegno politico ufficiale e dei compiti istituzionali di amminis<strong>tra</strong>zione della cosa<br />
pubblica. Emblematico in questo senso il caso di una intervistata, figlia del primo Presidente del<br />
Ghana indipendente Kwame Nkrumah e Presidente del ‘Movimento degli Africani’ di Roma, che<br />
sta progettando un rientro nel suo paese in concomitanza delle elezioni politiche di fine 2008:<br />
Ora è un momento opportuno, c’è bisogno di maggior partecipazione politica delle donne. È un momento<br />
s<strong>tra</strong>tegico; c’è una richiesta di politica nuova in tutto il mondo, vedi anche Obama. Io e mio fratello<br />
stiamo aspettando di capire come proporci per conquistare un seggio, per avere un ruolo effettivo nel<br />
processo politico. Il partito nkrumahista col quale mi presento è stato bandito fino al 1996, quindi c’è<br />
voluto tempo per ricostituirlo. A dicembre (elezioni) succederà sicuramente qualcosa di positivo, ed il<br />
partito Convention People’s Party, uno dei partiti nkrumaisti, sta crescendo e potrebbe essere la terza<br />
forza rispetto ai <strong>due</strong> grandi blocchi. Forse ora possiamo fare la differenza, ci sono molte persone in<br />
gamba… leader pragmatici che sono confluiti nel partito, recuperando il panafricanismo di nkrumah, in<br />
cui la diaspora aveva un ruolo importantissimo (Int. 10 RM).<br />
Esiste perciò, da parte di alcuni, una forte tensione verso la partecipazione politica, economica,<br />
sociale e culturale nel proprio paese di provenienza, tensione che, nonostante i diversi ostacoli e<br />
criticità, rappresenta indubbiamente una nuova energia vitale per l’Africa e i suoi abitanti. Il fatto<br />
che siano state le stesse istituzioni <strong>africane</strong>, at<strong>tra</strong>verso l’operato dell’Unione Africana, a sollecitare<br />
recentemente la diaspora ad un coinvolgimento diretto nelle vicende del continente rappresenta, pur<br />
con tutte le cautele del caso, un fatto inedito e valorizzante, come vedremo nel paragrafo 5. <strong>Le</strong><br />
condizioni necessarie affinché si aprano s<strong>tra</strong>de praticabili per la valorizzazione di tale potenzialità<br />
dipendono in larga parte, come si è detto, dalla rimozione della diffidenza reciproca, dalla maggiore<br />
concessione di riconoscimento e fiducia verso l’azione della diaspora, dalla crescente sensibilità<br />
popolare e democratica dei futuri governanti africani, ma anche dalla capacità organizzativa e<br />
politica della diaspora rispetto al ruolo di agente di sviluppo e di riforma dei paesi di provenienza.<br />
Tuttavia, la forza e la capacità organizzativa, progettuale e finanziaria della diaspora si sviluppano<br />
anche in relazione con le condizioni di vita e gli spazi di partecipazione e riconoscimento<br />
disponibili nella società di destinazione. E’, infatti, soprattutto nei contesti esteri che è possibile<br />
acquisire quella solidità e forza che possono accreditare la diaspora come soggetto significativo di<br />
cooperazione e democratizzazione.<br />
3.4. Relazioni con società italiana, con le politiche verso i migranti e con la cooperazione allo<br />
sviluppo e le politiche verso l’Africa<br />
Come si è già accennato, il problema del riconoscimento della diaspora non riguarda unicamente il<br />
versante dei paesi di provenienza ma anche quello delle società di destinazione dei movimenti<br />
migratori. Numerosi intervistati evidenziavano una carenza di considerazione e di valorizzazione da<br />
parte della società italiana e delle sue istituzioni, cosi come una condizione di <strong>tra</strong>ttamento giuridico<br />
e di inserimento strutturale che rende fragile il proprio percorso di integrazione e destabilizza le<br />
prospettive di sicurezza economica. A questo proposito, si ricorderà come a detta di molti, ‘il<br />
fattore sopravvivenza è un ostacolo ad una diaspora forte’ (Int. 10 RM), e che è proprio la<br />
mancanza di un’élite africana con solide basi economiche e alte posizioni sociali a rendere molto<br />
più difficile trovare modi per costruire un soggetto (o diversi soggetti) riconosciuti e consolidati. In<br />
alcuni casi c’è un forte spirito autocritico fra gli intervistati, in altri si tende a dare la colpa<br />
all’ambiente di ricezione:<br />
Io vedo le <strong>diaspore</strong> come qualcosa che manca di mezzi, manca un motore in grado di far partire la<br />
macchina. Qui mancano le strutture, le opportunità fornite dalla società italiana che non ha fatto niente<br />
per consolidare l’immigrazione. L’Italia è ancora un paese di <strong>tra</strong>nsito, di passaggio per poi andare ancora<br />
via, ci chiamano ex<strong>tra</strong>terresti a noi che siamo rimasti da 20 anni. Il sistema Italia non so quanta voglia<br />
abbia di fare tesoro delle persone che si trovano qui, di dare loro veramente voce, semmai c’è<br />
l’intenzione di parlare per, di decidere al posto degli immigrati. Qui la vera integrazione dopo anni e anni<br />
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