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Le diaspore africane tra due continenti Indagine sulle ... - CeSPI

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Al momento, dunque, i migranti africani apparivano piuttosto frammentati in appartenenze<br />

associative molto diversificate (e in alcuni casi sovrapposte, nel senso di una pluriappartenenza a<br />

diverse strutture assicurative contemporaneamente), privi generalmente di un riconoscimento più<br />

largo e inclusivo di quello nella comunità dei connazionali. L’associazionismo della diaspora<br />

africana in Italia si presenta perciò senza legami organici <strong>tra</strong> i diversi raggruppamenti a base<br />

nazionale (anch’essi frammentati, come si è detto), e senza una struttura “ombrello” che, in qualche<br />

modo, riunisca le diverse realtà in un soggetto federato.<br />

I diversi problemi dell’associazionismo africano vengono ben esplicitati da alcuni intervistati:<br />

In Italia mi sono resa conto di quante associazioni ci siano, senza organizzazione… Sono troppo visibili i<br />

diversi interessi a seconda delle nazionalità degli immigrati. Inoltre, siamo tutti diversi, alcuni non hanno<br />

assolutamente spirito associativo perchè hanno bisogno di sopravvivere e mandare i soldi a casa (Int. 2<br />

RM).<br />

Ci sono gli africani che vogliono solo essere capi per interesse personale, quelli che si aggregano <strong>tra</strong><br />

amici per fare finta di rappresentare qualcuno, quelli che rappresentano l’ambasciata… ci sono tanti<br />

Mastella africani che hanno imparato troppe cose brutte dell’Italia e dei 200 partiti (FG RM1).<br />

Siamo un po’più francofoni fino ad ora, ci dobbiamo allargare ai paesi anglofoni che non si fanno molto<br />

coinvolgere perchè hanno forti associazioni e poi perchè c’è mancanza di comunicazione, non esiste un<br />

sito che unisca le nostre realtà, i rapporti sono lasciati alle amicizie personali o al mondo del lavoro (Int.<br />

10 RM).<br />

Anche <strong>tra</strong> gli intervistati di Milano, c’è chi racconta di esperienze nell’associazionismo che si sono<br />

rivelate troppo dense di conflittualità, chi non si riconosce più oggi nel mondo associativo, chi è da<br />

sempre estremamente scettico, ma anche chi riflette su diverse modalità aggregative capaci di<br />

superare gli schemi e le rigidità delle formule associative attuali. Su quest’ultima questione<br />

torneremo a breve.<br />

E’ in questo contesto che giunge agli africani residenti in Italia la proposta da parte dell’Ambasciata<br />

del Sudafrica, su mandato dell’Unione Africana, di riunirsi insieme alle <strong>diaspore</strong> <strong>africane</strong> del resto<br />

d’Europa e partecipare alla African Union - African Diaspora in Europe Regional Consultative<br />

Conference, svoltasi a Parigi l’11 e il 12 settembre 2007. La sostanza politica dell’invito ai propri<br />

cittadini all’estero (interpellati in altre cinque Conferenze regionali simili nel resto del mondo) è<br />

quello di delineare insieme un processo di coinvolgimento diretto della diaspora africana nel<br />

mondo, battezzata come la ‘Sesta Regione Africana’, nelle questioni riguardanti lo sviluppo e<br />

l’amminis<strong>tra</strong>zione dei paesi africani. at<strong>tra</strong>verso la realizzazione di una rappresentanza presso il<br />

parlamento dell’Unione Africana. Si <strong>tra</strong>tta di un programma basato su una visione integrata dei<br />

problemi africani e sulla consapevolezza che la diaspora è parte integrante e necessaria di un nuovo<br />

progetto politico di ispirazione panafricanista. Come sottolinea una autorevole intervistata, che<br />

sottolinea come vi sia un importante precedente nella storia del continente, si <strong>tra</strong>tta di una novità<br />

importante nello scenario politico attuale:<br />

Nel 1963, la Organization of African Unity parlava non solo di moneta unica ma anche cittadinanza<br />

comune anche per la diaspora, era un progetto molto più ambizioso dell’UE.<br />

Se guardi all’agenda dell’UA devi concludere che c’è un ritorno al panafricanismo…e il coinvolgimento<br />

della diaspora è il tentativo di istituzionalizzare un rapporto (…) È un processo decisamente positivo ma<br />

in Italia siamo disorganizzati, non siamo uniti, c’è stata molta competizione per partecipare alla<br />

Conferenza di Parigi (Int. 10 RM).<br />

Preliminarmente alla Conferenza di Parigi vengono avviate, da parte dell’Ambasciata del Sudafrica,<br />

attività di pubblicizzazione dell’iniziativa presso le comunità <strong>africane</strong> e di selezione della<br />

delegazione italiana da portare in Francia. In Italia ci sono state <strong>due</strong> principali occasioni di<br />

confronto: la prima riunione si è svolta a Milano nel giugno 2007, ospitata dal Comune di Milano a<br />

Palazzo Marino, e la seconda si è tenuta nella sede della CGIL nel luglio dello scorso anno a Roma.<br />

In questi incontri hanno partecipato , oltre ai funzionari dell’ambasciata, anche diversi elementi del<br />

mondo associativo africano, rappresentanti di comunità e singoli esponenti di quella che, ancora una<br />

volta con tutte le cautele del caso, possiamo definire élite africana (scrittori, imprenditori, etc.). In<br />

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