Le diaspore africane tra due continenti Indagine sulle ... - CeSPI
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All’inizio questo termine mi infastidiva, ma oggi invece è l’ora di rivendicare questo ruolo, sì siamo<br />
un’elite intellettuale, e non è una esagerazione!’ (FG MI)<br />
Per alcuni degli intervistati, ‘diaspora’ è un termine che designa un soggetto politico organizzato e<br />
attivo che è forse rin<strong>tra</strong>cciabile in altre storiche nazioni di immigrazione, ma non ancora in Italia.<br />
Tale opinione, che in alcuni casi conteneva una vena polemica verso questo uso improprio del<br />
termine rispetto alla realtà nos<strong>tra</strong>na (ma anche più generale), è probabilmente direttamente<br />
influenzata dagli stimoli e le offerte di partecipazione arrivate negli ultimissimi anni da istituzioni<br />
internazionali e <strong>africane</strong> (in particolare la Conferenza di Parigi e l’invito alla diaspora a costituirsi<br />
come sesta regione dell’Africa), che hanno chiesto ai diversi gruppi di migranti africani nel mondo<br />
di costituirsi in ‘diaspora africana’, suscitando una certa irritazione <strong>tra</strong> gli intervistati proprio per<br />
questo scollamento <strong>tra</strong> richieste esterne di rappresentanza e difficoltà interne di riconoscimento.<br />
Anche nel caso di un uso meno politico e più descrittivo del termine, vale a dire l’insieme dei<br />
migranti che esprimono interesse o impegno a contribuire al progresso e allo sviluppo del proprio<br />
paese, su cui ci si è generalmente ritrovati con le persone incon<strong>tra</strong>te, il problema del riconoscimento<br />
e della coesione si pone ugualmente. Quali sono i <strong>tra</strong>tti spirituali e ideali, le relazioni sociali, le<br />
azioni concrete e la piattaforma politica che dovrebbero identificare i migranti africani come<br />
‘<strong>diaspore</strong>’? E fra questi elementi, quali sono quelli sufficienti e/o necessari affinché si possa parlare<br />
pienamente di ‘diaspora’?<br />
Secondo uno degli intellettuali africani incon<strong>tra</strong>ti, è la stessa storia e identità africana ad essersi<br />
formata e affermata nella diaspora:<br />
Non siamo nati africani ma siamo diventati africani, con la schiavitù e tutto quanto. Ciò che noi<br />
chiamiamo Africa è nella sua essenza diasporica, siamo diventati africani <strong>sulle</strong> navi della schiavitù,<br />
coloro che hanno ragionato sull’Africa hanno iniziato oltremare, poi negli anni ’60 sono en<strong>tra</strong>ti in Africa<br />
con i vari leader panafricani. Dalla nave nasce il soggetto storico dell’Africa come comunanza di<br />
sofferenza e capacità di progettazione di un destino comune. Non è più questione di nascita, colore della<br />
pelle o altro ma di spirito (Int. 14 RM).<br />
Tuttavia, secondo alcuni, sono le stesse vicende storiche del continente e dei suoi cittadini ad aver<br />
frammentato gli africani in identità nazionali, etniche e linguistiche che continuano a costituire<br />
barriere anche per la diaspora. Invece, secondo altri, è l’antica logica dei capi-tribù che continua ad<br />
animare le dinamiche inter<strong>africane</strong> nei paesi di immigrazione a costituire un serio ostacolo all’unità:<br />
Siamo stati vittime della logica egoista dello stato nazione, sono state le influenze del colonizzatore a<br />
portarci alla divisione attuale. Questa influenza tocca anche le questioni del comunitarismo e della<br />
solidarietà <strong>tra</strong> gli stati, e anche purtroppo sulla diaspora in Occidente. Ad esempio ci sono divisioni <strong>tra</strong><br />
anglofobi e francofoni nelle <strong>diaspore</strong> <strong>africane</strong> in Francia o Inghilterra o Portogallo. Noi diaspora africana<br />
in Italia avremmo voluto farci vedere diversi, perché siamo in un paese poco o niente colonizzatore e<br />
soprattutto perché qui c’è un forte senso della famiglia rispetto agli altri europei, e sono come noi<br />
africani, qualcosa ci accomuna. Ma abbiamo bisogno di essere un po’ spinti da qualcuno, la volontà e la<br />
voglia c’è ma ci disperdiamo, abbiamo bisogno di essere spinti e anche un po’ costretti (FG RM1).<br />
La storia della diaspora africana è sempre stata in salita, anche prima di noi, e ha risentito di problemi di<br />
vario tipo, sicuramente politici e dovuti sia al paese di provenienza che a quello di accoglienza.<br />
L’esempio della diaspora sudamericana è emblematico, loro hanno fatto un passo in più e sono più uniti,<br />
noi abbiamo difficoltà non perché manchino persone valide ma perché c’è sempre qualcosa a rompere.<br />
Storicamente nelle società <strong>africane</strong> c’erano i capi tribù, figure forti che identificavano la tribù stessa:<br />
forse questo è un motivo per cui non si riesce tanto a lavorare serenamente. D’altronde, se<br />
<strong>tra</strong>dizionalmente in Africa c’erano forme di socialismo comunitario e spontaneo, ora qualcosa si è rotto,<br />
c’è un individualismo forte… bisogna capire perché abbiamo perso quella nos<strong>tra</strong> parte importante e ci<br />
siamo messi su una s<strong>tra</strong>da abbastanza fragile per noi che non ci permette di uscire fuori nonostante le<br />
capacità che ci sono (FG RM1).<br />
Quale che siano la genesi e le ragioni di questa difficoltà di coesione, il primo grande problema che<br />
si pone è quello di come rapportarsi rispetto alle barriere inter<strong>africane</strong> (nazionali, etniche,<br />
linguistiche, religiose), e di come articolare un’azione e un’identità che non può prescindere anche<br />
dalle proprie differenze interne. Ogni paese ha, infatti, non solo la sua specifica situazione<br />
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