Cronica di Taverna - Dalla colonia Greca alla Città Medievale
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l’asse<strong>di</strong>o, restò l’affare sospeso, e’ poj per la rovina <strong>di</strong> Taberna dall’intutto<br />
impossibilitato.<br />
Smembrato poj Catanzaro da Taberna in persona <strong>di</strong> Pietro Ruffo, l’anno 1250. per<br />
cδcessione del Re Corrado, si tornò <strong>di</strong> nuovo ad intentare in Roma l’affare del<br />
Vescovo, poiche restando sola Taberna per l’appannaggio Reale, dovea ricuperare<br />
l’antica sua sede <strong>di</strong> qualsivoglia Rito si fosse; ed infatti li Andegavenzi ó Angioini<br />
Padroni vi promettevano l’assistenza, ed intentata la lite in Roma presso il Papa<br />
Clemente V., si sperava ogni buon esito, qd. o il Papa appena eletto volle trasferirsi cδ<br />
la sua Corte in Francia, lasciando la Cura á Fra Nicolo da Prato dell’or<strong>di</strong>ne de<br />
Pre<strong>di</strong>catori Car<strong>di</strong>nal Vescovo Ostiense, e’ Velitrense per l’informaz. ne, quale si credea<br />
felicem. te terminarla per Taberna, avendosi eletto per Vescovo á Filippo Longos,<br />
aspettando la Conferma dell’elez. ne, qd. o morì Carlo II. lo stess’anno, e’ turbate le<br />
Cose, restò sospeso l’affare. Venne Roberto, e’ nδ volle prestarvi orecchio per nδ<br />
imbarazzarsi cδ la famiglia Ruffo allora prepotente; tanto che restò sola Taberna <strong>alla</strong><br />
lite, nδ avendo voluto lo stesso Re Roberto per altro<br />
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pio favorire Taberna, che dopó la spesa <strong>di</strong> sette anni <strong>di</strong> lite in Avignone, ove risedeva<br />
il Papa altro nδ ottenne, che <strong>di</strong> chiamarsi il Ves. vo <strong>di</strong> Taberna, e’ Catanzaro, nδ<br />
obligandolo ne meno á residenza per la metà dell’anno, cδforme avevano Usato<br />
l’antecessori Ves. vi per loro propria cδvenienza; tanto che Lucio Balascos, ed Epifanio<br />
Faragonios altro nδ portarono d’Avignone, che qsto nudo titolo <strong>di</strong> avere da ponersi<br />
primo Taberna, e’ poj Catanzaro; che delle <strong>di</strong>gnità vi restassero fisse l’Arciprete, ed il<br />
Cantore; e’ qd. o piaceva al Ves. vo vi mandava nel Vescovato <strong>di</strong> Taberna per residenza<br />
ora il Decano, ora l’Arci<strong>di</strong>acono, e’ molto più frequente il Tesaurario; officiando bensì<br />
li Canonici cδ qste Dignità per le feste solenni, toccandone Una per Dignità. Il Ves. vo<br />
Alfonso vi <strong>di</strong>morava quasi la metà dell’anno; ed un’anno facea l’Ogli Santi in<br />
Taberna, ed un’altr’anno in Catanz. ro: però qsta <strong>di</strong>mora nδ era <strong>di</strong> obligo, má <strong>di</strong><br />
convenienza; per nδ risvegliare á Tabernati nuove pretenz. ni sopra il proprio Ves. vo, nδ<br />
avendo maj lasciata l’intenzione <strong>di</strong> ottenerlo pp qd. o si presentava l’occas. ne.<br />
Le Dignità del Vescovato erano qste l’Arci<strong>di</strong>acono, l’Arcip. te, ó sia Protopapa, il<br />
Cantore, il Decano, il Tesaurario, ed il Cimeliarca con otto Canonici: fra li quali vi era<br />
l’Apocrifario talvolta, alcune volte nó: però il Sotergrafio dovea essere sempre<br />
Canonico, come ancora il Penitenziero, ed il Par. co <strong>di</strong> S. Nicolò, cδ il Canonico<br />
Prebendato, che tra li Canonici avea il 2.° luogo dopó il Par. co; che occupava il primo;<br />
e’ passava per una Dignità, come si <strong>di</strong>sse al capitolo della Nobiltà per avere il Par. co<br />
<strong>di</strong> S. Nicolò Andrea Ghinio nel 588 á tempo della scesa de Longombar<strong>di</strong><br />
somministrato gran danaro <strong>alla</strong> Chiesa del Vescovado, ed al Publico. E perciò alli suoj<br />
successori restò tal prerogativa tanto onorevole.<br />
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