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della nostra autonomia rispetto al preside della sede centrale, che la<br />
vedeva con sospetto. Io era considerato un punto di riferimento in<br />
quanto delegato del preside (ma sempre più spesso in collisione col<br />
capo), anche se i miei compiti erano limitati: curare le sostituzioni<br />
per le assenze brevi e improvvise (e per gli assenteisti, che c’erano,<br />
ma che cercavamo di prendere con umorismo); curare il calendario<br />
delle riunioni locali; qualche rapporto con personaggi locali e con<br />
genitori, qualche vano tentativo di ottenere dagli studenti<br />
comportamenti più ordinati... poco, a ripensarci, eppure so di aver<br />
passato a scuola molte ore oltre l’orario di insegnamento. Del resto<br />
abitavo vicino, correre avanti e indietro non era un problema.<br />
In classe<br />
Il mio stile di lavoro in classe andava cambiando: evitavo le<br />
improvvisazioni, non mi imbarcavo in un progetto senza averlo<br />
chiaro in testa; cercavo di dare agli allievi, quasi tutte ragazze,<br />
l’impressione di un lavoro ordinato e mirato, presentando all’inizio<br />
dell’anno un piano di attività con pacchetti di ore stanziati per<br />
ciascuna. E una delle più grandi soddisfazioni è stata quando dopo<br />
qualche mese una di loro, brandendo quel foglietto, mi ha chiesto<br />
che ne era di una delle voci del piano. Cercavo di introdurre una<br />
verifica abbastanza ragionevole e costante di quel che facevano e<br />
imparavano. Ho sempre trovato demenziali certe scene di fine<br />
quadrimestre, in cui alcuni colleghi si aggiravano per la scuola<br />
seguiti da codazzi di studenti che aspettavano l’ultima<br />
interrogazione: si doveva valutare in un’affannosa mezz’ora il lavoro<br />
di quattro mesi o di un anno?<br />
Naturalmente ho fatto anche allora molti errori, naturalmente i<br />
risultati erano di solito inferiori alle aspettative. Avevo deciso di non<br />
farmi più risucchiare nel vortice di entusiasmi didattici e delusioni,<br />
in cui vedevo ancora preso qualche collega. Mi ero fatto questa<br />
morale: <strong>qui</strong> tutto è contro di noi, gli ordinamenti, l’amministrazione,<br />
il clima culturale intorno; non possiamo aspettarci che i nostri sforzi<br />
siano premiati, ogni risultato appena superiore allo zero è un<br />
successo. Continuiamo a dare il massimo di cui siamo capaci,<br />
sapendo che serve appena a tener la testa fuori dalla merda.<br />
Con gli allievi i rapporti erano piuttosto buoni. Stavo<br />
imparando a essere cordiale e insieme autorevole. Certo non ero<br />
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