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Non so per quali vie i dirigenti ministeriali arrivarono al mio<br />

nome, comunque mi convocarono a Roma per concordare un<br />

progetto di formazione. La Direzione per l’istruzione professionale<br />

aveva sede in uno squallido casermone a qualche centinaio di metri<br />

dal palazzo umbertino di viale Trastevere. Appena si entrava si era<br />

colti da un’atmosfera che rovesciava ogni stereotipo di uscieri<br />

sonnacchiosi e scrivanie vuote: gente affaccendata in corsa, che a chi<br />

proponeva un caffè rispondeva “non ho tempo”, che ti dava<br />

immediatamente del tu e entrava subito a parlare delle cose da fare.<br />

Credo di avere visto una sola volta, e non a tu per tu, il direttore<br />

generale, che si chiamava Martinez; mi diede l’impressione di un<br />

uomo spasmodicamente teso alla realizzazione dei suoi scopi, con<br />

una fiducia in sé da rasentare la paranoia. Certamente aveva una<br />

straordinaria capacità di mobilitare le energie dei suoi collaboratori,<br />

e non solo di quelli che gli stavano intorno a Roma. Ho conosciuto<br />

in seguito diversi “presidi d’assalto” impegnati nel progetto: uomini<br />

o donne che dirigevano grossi istituti con migliaia di studenti, più di<br />

un centinaio di insegnanti, laboratori, mense, a volte aziende<br />

annesse. Mi parevano dotati di grandi capacità di lavoro e doti<br />

organizzative, si dedicavano anima e corpo a un progetto di<br />

rinnovamento educativo. Le capacità di coinvolgere gli insegnanti,<br />

mobilitando le loro energie e competenze, potevano essere varie, e<br />

su questo le impressioni di un osservatore esterno valgono poco<br />

(nessuno è un grand’uomo per il suo cameriere...). Ho comunque<br />

conosciuto molti insegnanti del professionale che si dedicavano al<br />

progetto con passione, che senza cercare il trasferimento a un più<br />

comodo liceo restavano in una scuola difficile, che chiede molto<br />

impegno e dà poche soddisfazioni, perché la consideravano una<br />

trincea avanzata della lotta per una cultura di base diffusa, cioè per la<br />

democrazia.<br />

I seminari di Bellaria<br />

Coi dirigenti ministeriali concordai di organizzare due<br />

seminari nazionali, con fondi affidati all’IRRSAE Emilia-Romagna,<br />

che si tennero nel solito albergo di Bellaria. Nel primo,<br />

sull’educazione linguistica (1990), schierai i miei giannizzeri; al<br />

secondo, sull’educazione letteraria (1991), chiamai a collaborare il<br />

mio amico Guido Armellini, che per qualche anno fu pure lui<br />

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