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seminterrati, in cima a scale defatiganti, a volte anche in aule belle e<br />
nuove, ma sempre come ospite tollerato; questo in anni in cui<br />
l’Ateneo allargava i propri spazi costruendo o restaurando magnifici<br />
palazzi, segno che l’Università non prendeva molto sul serio il suo<br />
nuovo compito. Aggiungo i ritardi organizzativi, la scarsa<br />
considerazione del lavoro prezioso e defatigante degli insegnanti<br />
supervisori del tirocinio. Come è accaduto un po’ in tutte le SSIS,<br />
molti corsi avevano un carattere più accademico che professionale:<br />
c’erano docenti che trovavano più comodo ripetere quel che già<br />
facevano nei corsi universitari che porsi il problema, per loro nuovo,<br />
della preparazione degli insegnanti. C’era sì una parte pedagogica,<br />
ma <strong>qui</strong> trionfava una didattica della programmazione rigidamente<br />
tassonomica: si insegnava più a compilare tabelle di obiettivi che a<br />
progettare le attività per perseguirli. Le valutazioni erano<br />
eccessivamente appiattite verso l’alto, e impedivano di discriminare<br />
il buono e il meno buono nel momento in cui si conferiva il titolo<br />
all’esercizio di una professione tanto importante e difficile. Ricordo<br />
un simpatico collega che nelle conversazioni private non faceva che<br />
deplorare la scarsa preparazione e la poca voglia di lavorare dei<br />
corsisti. Agli esami dava a tutti trenta.<br />
Nonostante tutto questo, ogni anno, nei corsi e negli esami, ho<br />
incontrato giovani professionalmente motivati e preparati molto più<br />
di quelli che sono arrivati all’insegnamento per altre strade;<br />
consapevoli di almeno alcuni dei problemi del mestiere e delle<br />
inevitabili lacune della preparazione disciplinare, e disposti a<br />
studiare per affrontare gli uni e le altre; capaci di riflettere<br />
criticamente sulle loro prime esperienze in classe. Non parlo<br />
ovviamente di tutti, ma, direi, di una buona metà. E sono arrivato<br />
alla conclusione che il peggiore dei sistemi possibili di formazione<br />
all’insegnamento era molto migliore dell’assenza di qualunque<br />
sistema di formazione.<br />
Formare precari<br />
Ma al termine di un esame subentrava un altro pensiero: “Ora<br />
costei o costui affronterà le supplenze, le eterne graduatorie, sbattuta<br />
da una sede all’altra senza certezze, senza continuità di esperienza<br />
professionale, in eterna attesa; in capo a una dozzina di anni, quando<br />
avrà perso ogni motivazione professionale e ogni voglia di studiare,<br />
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