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insegnanti le scelte di metodi e in parte anche di contenuti. Un<br />
“sapere minimo garantito” diceva De Mauro, mentre altri non<br />
volevano sentir parlare di “minimo”, un po’ come quei superstiziosi<br />
che temono che a pronunciare la parola “cancro” ti venga la malattia.<br />
Queste liste di obiettivi dovevano sostituire i tradizionali programmi,<br />
che prescrivono o raccomandano che cosa e come insegnare, e poco<br />
si preoccupano di specificare che cosa gli studenti dovrebbero<br />
imparare. Molti sono rimasti affezionati ai programmi, e in effetti in<br />
quelli scritti tra il 1979 e il 1990 c’erano cose pregevoli. Dopo un<br />
po’ però regolarmente si scopriva che “non erano applicati”. Destino<br />
cinico e baro? malvagità del corpo insegnante? a pochi veniva in<br />
mente che il difetto era di essere appunto programmi, fatti per<br />
prescrivere ed esortare e non per porre traguardi verificabili. Il<br />
problema era allora definire degli obiettivi che fossero davvero di<br />
competenza e davvero specifici, dunque verificabili. A questo scopo<br />
le “competenze relazionali” servono poco.<br />
Berlinguer si fidò dei pedagogisti, e non diede a queste<br />
questioni l’importanza che meritavano, con la tempestività<br />
necessaria. Bisogna anche dire che durante il lungo e faticoso iter<br />
parlamentare il suo progetto era già stato snaturato in alcuni dei<br />
punti più innovativi; si sa, i parlamentari che si occupano di queste<br />
cose sono per lo più baroni universitari. Comunque Berlinguer fu<br />
estromesso nel 2000 alla caduta del governo D’Alema, e non per<br />
queste responsabilità; Tullio De Mauro, chiamato a succedergli, si<br />
trovò a un anno dalla scadenza della legislatura “con i cassetti<br />
vuoti”, come mi disse una persona a lui vicina, con i curricoli (e altre<br />
cose) ancora tutti da impostare.<br />
De Mauro fece tutto quello che era possibile a quel punto:<br />
nominò una commissione di studio, che già nel giugno di quell’anno<br />
tenne la prima riunione; comprendeva quasi trecento membri:<br />
pedagogisti, importanti accademici, ma soprattutto esponenti<br />
dell’associazionismo della scuola, “generalista” e disciplinare. Si<br />
lavorò duramente, divisi in gruppi di lavoro per aree disciplinari, per<br />
nove mesi: molte riunioni a Roma, un intenso dibattito telematico.<br />
Ovviamente non tutti erano impegnati allo stesso modo, ma eravamo<br />
in molti a prendere la cosa molto sul serio. Ho scorso una parte dei<br />
documenti di quel periodo, anche per destinarne buona parte alla<br />
Buca della Memoria; mi colpisce, ancora una volta, come quando si<br />
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