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fango”, diceva uno di loro. Con una retorica più egocentrica io li<br />

chiamavo “i miei giannizzeri”.<br />

Carla<br />

Al suo interno l’IRRSAE non fu un luogo di relazioni umane<br />

coinvolgenti: amicizie superficiali, litigi superficiali. Con una<br />

eccezione. Carla era più anziana di me e seriamente malata; era stata<br />

prima maestra poi insegnante di scuola media, e tra le più impegnate<br />

di un gruppo del Movimento di Cooperazione Educativa attivo a<br />

Bologna negli anni settanta. Ci affezionammo subito.<br />

Condividevamo la passione per la grammatica, e lei nutriva<br />

un’ammirazione sconfinata per il mio sapere in materia; forse non si<br />

rendeva conto di quanto fossero illuminanti per me certe sue<br />

osservazioni lasciate cadere casualmente, su come aveva insegnato<br />

questo o quel punto. Poi il suo male si aggravò, entrò in dialisi, e<br />

presto non fu più in grado di affrontare un orario di lavoro, andò in<br />

pensione. Per qualche tempo la andai a trovare regolarmente a casa<br />

sua, trascorsi delle belle serate a parlare di cose di cultura, d’estate<br />

sulla terrazza. Naturalmente parlavamo anche di cose private,<br />

ricordo ancora certe sue osservazioni affettuosamente ironiche sulle<br />

mie travagliate vicende sentimentali di quel tempo. Lei era<br />

demoralizzata, non si rassegnava alla vita dimidiata a cui era<br />

costretta, diceva di sentirsi derubata della sua vecchiezza. Io la<br />

esortavo a cogliere ogni briciola di bene che ancora poteva avere, ma<br />

è facile a dirsi, chissà se ne sarò capace quando sarà il mio turno. A<br />

un certo punto non rispose più al telefono: poteva essere stata<br />

ricoverata, poteva vergognarsi troppo della malattia. Non ne ho<br />

saputo più niente. Può essere morta, può essere sprofondata<br />

nell’incoscienza in cui quasi tutti precipitiamo prima o poi, se non<br />

moriamo.<br />

A quel tempo schedavo su certi cartoncini gli errori di lingua<br />

raccolti dai compiti di ragazzi di diverse scuole. Lei seguiva questo<br />

lavoro con interesse, e una volta mi disse che dovevo scrivere un<br />

libro sugli errori. Dopo più di venti anni ho avuto occasione di farlo,<br />

e dovrei dedicarglielo: ma non so nemmeno se dedicarlo a lei o alla<br />

sua memoria.<br />

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