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La riforma che c’è<br />

Questa “filosofia” raggiunse il culmine nel Progetto Brocca,<br />

una proposta in tre grossi volumi presentata tra il 1990 e il 1992 da<br />

una commissione presieduta dal sottosegretario di quel nome, che<br />

proponeva alla “sperimentazione” orari e programmi per tutta<br />

l’istruzione secondaria superiore. In molti punti l’elaborazione<br />

culturale era sostanziosa: per esempio il programma di <strong>It</strong>aliano per il<br />

biennio, redatto da Francesco Sabatini, distingueva chiaramente<br />

l’educazione delle abilità linguistiche, la riflessione sulla lingua e<br />

l’educazione letteraria, tre categorie di obiettivi autonome, anche se<br />

intrecciate strettamente, che i programmi precedenti avevano sempre<br />

confuso in una melassa indistinta; prevedeva attività di scrittura<br />

variate per scopi, destinatari, contesti, accanto al tradizionale<br />

indifferenziato tema; poneva l’esigenza di educare al leggere per<br />

capire, anche testi non letterari; e quanto ai letterari, evitava<br />

prescrizioni tassative di autori e opere ponendo piuttosto l’accento<br />

sull’educazione al leggere letterario e alla voglia di leggere. Aveva<br />

raccolto insomma il meglio del dibattito sull’educazione linguistica.<br />

Difesi questo programma, in un articolo per “Riforma della<br />

scuola”, da critiche di Remo Ceserani e Giuseppe Petronio, che<br />

attribuivano un antistoricismo di matrice strutturalista a tutta la<br />

riflessione sull’educazione linguistica. Concludevo generalizzando:<br />

«Una riforma dell’istruzione superiore è già in corso da qualche<br />

anno, anche se in modo disorganico, sotto la denominazione<br />

impropria di “sperimentazione”; la sua promozione non viene dalle<br />

sedi politiche (il nulla nascerà dal nulla...), ma da quegli ambienti<br />

ministeriali che, ci piaccia o no, sono i soli a fare politica<br />

scolastica». Avevo intitolato il mio intervento “La riforma che c’è”,<br />

me lo trovai stampato col titolo “La riforma che non c’è”; non era un<br />

sotterfugio, era un effetto meccanico del pensiero stereotipato che<br />

condiziona certa sinistra. La parola “riforma” deve accompagnarsi a<br />

“organica” e “attesa, necessaria, improcrastinabile”, dunque per<br />

definizione “non c’è”; che qualcosa stia comunque cambiando non si<br />

può dire perché non si riesce a pensare.<br />

Tutto a tutti<br />

Fui invece duramente critico verso il programma per il<br />

triennio, che contraddiceva alcuni buoni propositi ricadendo nella<br />

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