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politica<br />
tere in atto riforme costituzionali, elettorali, federative,<br />
condivise, fondate su un «rapporto<br />
serio» fra le forze politiche, nella ricerca di punti<br />
di intesa sul terreno della riconquista della<br />
piena operatività del sistema politico e istituzionale<br />
italiano, in modo da renderlo pienamente<br />
competitivo mentre esso attualmente è bloccato.<br />
Se non si riesce a dare efficienza, trasparenza,<br />
produttività al sistema politico-istituzionale,<br />
<strong>il</strong> rischio che corrono entrambi gli schieramenti<br />
oggi in campo rispetto all’antipolitica è<br />
altissimo. Tutto ciò giustifica «<strong>il</strong> buonismo» oggi<br />
in campo: se esso ci porta a realizzare una<br />
serie incisiva di riforme (nuovi poteri del premier,<br />
superamento del bipartitismo, federalismo,<br />
nuovi leggi elettorali, europee e nazionali,<br />
che consolidino <strong>il</strong> bipolarismo, un nuovo regolamento<br />
di Camere e Senato che esalti l’operatività<br />
del governo e dell’opposizione e non<br />
la facoltà di blocco) è benvenuto.<br />
Per <strong>il</strong> centro-destra, però, <strong>il</strong> «buonismo» non<br />
deve convertirsi in altro. In primo luogo in una<br />
sorta di complesso di inferiorità culturale da<br />
parte dei gruppi dirigenti del centro-destra, dei<br />
nuovi ministri nei confronti dei tecnici del centro<br />
sinistra. Da anni l’egemonia culturale della<br />
sinistra è venuta meno, mai come oggi i gruppi<br />
dirigenti della sinistra, con alcune evidenti eccezioni,<br />
sono così mediocre. In secondo luogo<br />
<strong>il</strong> buonismo non può tradursi nel continuismo al<br />
livello del personale amministrativo e del ma-<br />
l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />
15<br />
nagement. Francamente, su questo terreno,<br />
stiamo assistendo a riciclaggi sconcertanti che<br />
fanno venire i brividi nella schiena, specie se si<br />
tiene presente che una delle categorie storiche<br />
costanti della vita politica italiana è stata, appunto,<br />
<strong>il</strong> trasformismo. Per di più nel corso di<br />
questi anni, <strong>il</strong> centro-destra ha acquisito una<br />
classe dirigente adeguata sul piano culturale<br />
ed amministrativo che non può essere lasciata<br />
in panchina.<br />
In terzo luogo, su alcuni nodi (sicurezza, garantismo,<br />
taglio della spesa pubblica corrente,<br />
nuove infrastrutture, nuova politica del lavoro,<br />
riduzione della pressione fiscale, federalismo<br />
fiscale, riforme costituzionali) bisogna discutere<br />
con spirito aperto con l’opposizione, ma poi<br />
bisogna decidere sulla base della piattaforma<br />
con la quale si sono vinte le elezioni.<br />
In sostanza, guai a noi, se <strong>il</strong> centro-destra dà la<br />
sensazione di stare in soggezione nei confronti<br />
di un centro-sinistra, che per i suoi errori e i<br />
suoi limiti, ha perso così clamorosamente le<br />
elezioni e che è al punto massimo della sua crisi:<br />
i cittadini non perdonerebbero mai questo<br />
complesso di inferiorità. Infine, dato alla Lega<br />
quello che è della Lega (e cioè una grande capacità<br />
della sua nuova classe dirigente sul territorio<br />
di innestarsi sul capitalismo molecolare)<br />
non bisogna mai dimenticare che <strong>il</strong> Popolo della<br />
Libertà ha stravinto al Sud e di ciò bisogna<br />
tener conto nella definizione della politica economica<br />
e sociale.<br />
Per terminare: alcuni problemi politici e ideali.<br />
Non è vera la leggenda metropolitana, messa in<br />
giro da Famiglia Cristiana, che i cattolici sono<br />
fuori da questo governo. Berlusconi non perde<br />
mai d’occhio <strong>il</strong> pluralismo politico-culturale di<br />
Forza Italia: al governo ha messo in campo una<br />
nuova generazione di dirigenti quasi tutti cattolici<br />
(Angelino Alfano, Maria Stella Gelmini, Raffaele<br />
Fitto) che hanno l’unico torto di non aver<br />
m<strong>il</strong>itato nelle correnti morotee e dorotee degli<br />
anni ’70-’80, se non altro per impossib<strong>il</strong>ità anagrafica.<br />
Nel contempo vi sono esponenti dell’area laicosocialista<br />
di grande spessore culturale, politico e