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politica<br />

Natale e Bocconetti: «la base elettorale del Pd,<br />

ald<strong>il</strong>à delle intenzioni e anche dei messaggi dei<br />

leader, si è notevolmente spostata a sinistra».<br />

Così è avvenuto che, per una carenza di cultura<br />

politica, di programmi, di analisi e di rapporti<br />

intessuti con la società civ<strong>il</strong>e, proprio Veltroni,<br />

e con lui <strong>il</strong> gruppo dirigente del Partito democratico,<br />

hanno combinato una lunga serie di<br />

disastri politici. Essi hanno contribuito a provocare<br />

la crisi anticipata del governo Prodi, verificatasi<br />

molto prima di quanto non volesse lo<br />

stesso Veltroni, e hanno di fatto dato un contributo<br />

decisivo alla scomparsa in Parlamento<br />

della sinistra radicale e dei socialisti. Tutto ciò<br />

senza riuscire neanche lontanamente a scalfire<br />

l’area di centro di Forza Italia e a «ritornare»<br />

politicamente e socialmente nel Nord.<br />

Le elezioni del 13-14 apr<strong>il</strong>e, con <strong>il</strong> loro risultato<br />

per molti aspetti straordinario, consentono,<br />

pertanto, di trarre alcune considerazioni conclusive<br />

sul percorso tortuoso seguito dai comunisti<br />

italiani e dai loro eredi diessini. La prima e<br />

in un certo senso più immediata e superficiale<br />

analisi riguarda la sottovalutazione dell’avversario<br />

che ha caratterizzato larga parte della sinistra<br />

italiana. Sottovalutazione addirittura mista<br />

a disprezzo ha caratterizzato l’analisi del<br />

suo più significativo «maître à penser»: vale a<br />

dire Eugenio Scalfari ben noto per non aver imbroccato<br />

una previsione elettorale in vita sua.<br />

Infatti dopo <strong>il</strong> crollo del comunismo e la crisi<br />

della cultura gramsciana e togliattiana, Eugenio<br />

Scalfari e tutto <strong>il</strong> gruppo editoriale Repubblica-Espresso<br />

hanno realizzato, dagli anni ’70<br />

in poi, una singolare operazione egemonica<br />

nei confronti del Pci e dei post-comunisti. Grazie<br />

ad essa, un’ambigua cultura liberal, talora<br />

liberista, talora bancario-dirigista, ha conquistato<br />

<strong>il</strong> «cervello» del gruppo dirigente, dei<br />

quadri intermedi, in parte della stessa base,<br />

dell’area post-comunista: Pds poi Ds nel vuoto<br />

di un’autonoma elaborazione culturale dopo <strong>il</strong><br />

forzato superamento del togliattismo.<br />

In tutti questi anni Scalfari ha così profondamente<br />

sottovalutato e disprezzato <strong>il</strong> suo avversario,<br />

anzi <strong>il</strong> suo nemico Berlusconi - dal 1994<br />

l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />

7<br />

presentato come l’incrocio fra un rozzo pubblicitario,<br />

un folcloristico pagliaccio e un agente<br />

della mafia - che <strong>il</strong> 13 apr<strong>il</strong>e, dimostrando doti<br />

straordinarie di previsione e di lettura della società<br />

italiana, scriveva su Repubblica: «con avversari<br />

di questo livello non si può perdere. Gli<br />

elettori cominciano a capirlo. Io sono pronto a<br />

scommetterci». È la tesi dell’inferiorità antropologica,<br />

politica, culturale, sociale del centro-destra<br />

rispetto ad una sinistra colta, liberal, <strong>il</strong>luminata;<br />

una tesi che Repubblica ha portato avanti<br />

da sempre, prima contro la Dc, con l’eccezione<br />

di De Mita e della sinistra di base, poi contro<br />

<strong>il</strong> centro-destra di Berlusconi, Bossi, Fini.<br />

Una tesi che è andata incontro ad un fallimento<br />

«totale» malgrado l’influenza esercitata sui<br />

mezzi di comunicazione di massa.<br />

A livello televisivo questa «cultura» snobistica<br />

si esprime attraverso la «rozzezza» di Santoro.<br />

Il segno, però, che questo f<strong>il</strong>one di pensiero e<br />

di azione rappresenta qualcosa di più profondo<br />

nell’assetto fondamentale del «nuovo» Partito<br />

democratico, promosso da Veltroni, sta nella<br />

scelta delle alleanze elettorali. Il Partito Democratico<br />

si è alleato con la quintessenza del giustizialismo<br />

forcaiolo e della rozzezza dell’antipolitica<br />

rappresentata da Di Pietro e dal suo<br />

partito: formazione politica che, grazie all’alleanza<br />

preferenziale con <strong>il</strong> Partito democratico,<br />

ha raddoppiato i propri voti, dopo aver dato agli<br />

elettori la certezza che essi non andavano persi.<br />

Immediatamente dopo le elezioni Di Pietro è<br />

venuto meno ai patti fatti con Veltroni e, una

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