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storia<br />
Vi sono poi notizie, mai confermate pubblicamente,<br />
secondo le quali la Cina, fin dai tempi<br />
degli scontri sull’Ussuri con l’URSS nel 1969,<br />
avrebbe trasferito le sue strutture nucleari dal<br />
poligono di Lop Nor, considerato troppo vicino<br />
all’URSS, verso località segrete del Tibet, <strong>il</strong> che<br />
sarebbe peraltro giustificato nel quadro della<br />
suaccennata strategia della «collana di perle»<br />
(9). Vi sono comunque stazioni radar evolute<br />
cinesi a Chuang Teng Tze (Mongolia interna)<br />
Nangheng Tagyori e Phutak Zolling (in Tibet) e<br />
una stazione di identificazione dei miss<strong>il</strong>i avversari<br />
nel «Tibet occidentale» (10). Quindi,<br />
per parafrasare la vecchia formula della geopolitica<br />
di Mackinder, «chi controlla <strong>il</strong> Tibet domina<br />
<strong>il</strong> territorio alla base della catena dell’Himalaya,<br />
chi domina la costa dell’Himalaya minaccia<br />
<strong>il</strong> subcontinente indiano, e chi minaccia<br />
<strong>il</strong> subcontinente indiano può fac<strong>il</strong>mente avere<br />
sotto controllo tutta l’Asia meridionale, e quindi<br />
tutta l’Asia»(11).<br />
Le FF.AA. cinesi in Tibet hanno sostanzialmente<br />
due funzioni: difendere i confini della Madrepatria<br />
e sopprimere ogni fermento indipendentista<br />
tibetano, che potrebbe richiamare interventi<br />
esterni e rendere porosa la sicurezza terrestre<br />
della Cina, producendo così la debolezza<br />
strutturale della proiezione di potenza cinese<br />
verso i mari regionali orientali e, di converso,<br />
una debolezza strutturale di Pechino verso<br />
<strong>il</strong> Giappone rendere conseguentemente diffic<strong>il</strong>e<br />
la futura riunione di Taiwan alla madrepatria.<br />
E inoltre, la Cina intende competere, fin dai<br />
tempi di Mao ZXedong, con l’India per gestire<br />
relazioni preferenziali con gli stati himalayani.<br />
E, di conseguenza, la Cina ha sempre favorito<br />
regimi nazionalisti autonomi nella buffer zone<br />
tra Tibet e India: le rivolte nel Sikkim, nel Kashmir,<br />
nel Nagaland, e nel supporto di Pechino al<br />
nazionalismo antindiano negli stati himalayani.<br />
In una situazione del genere, in cui l’India attuale<br />
si proietta nei mari meridionali verso occidente<br />
e evita di ut<strong>il</strong>izzare come mezzo di propaganda<br />
<strong>il</strong> suo modello induista-pluralista, <strong>il</strong><br />
maggior obiettivo delle numerose forze armate<br />
cinesi di stanza in Tibet è quello di sostenere lo<br />
sforzo diplomatico di Pechino nella regione<br />
dell’Himalaya, per isolare l’India e allargare la<br />
l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />
67<br />
sicurezza della «Grande Cina». Quindi, pensare<br />
che la Cina r<strong>il</strong>asci la presa in Tibet, è del tutto<br />
irragionevole. Certamente, <strong>il</strong> danno di immagine<br />
per Pechino della persistenza e della radicalità<br />
della rivolta nazionalista tibetana è r<strong>il</strong>evante,<br />
qualunque sia <strong>il</strong> periodo di durata della<br />
repressione violenta dei moti tibetani. Ma Pechino<br />
non mollerà tanto fac<strong>il</strong>mente, e le pressioni<br />
dell’Occidente scivoleranno via come un<br />
tè verde dello Yunnan.<br />
Gli scenari successivi alla «pacificazione» tacitiana<br />
della rivolta in Tibet potranno essere, per<br />
la Cina, i seguenti: 0a) una nuova riedizione<br />
della «strategia del sorriso», preceduta da una<br />
stretta nei rapporti commerciali b<strong>il</strong>aterali con i<br />
Paesi che maggiormente hanno sostenuto la<br />
rivolta tibetana, b) una nuova selezione, da<br />
parte di Pechino, degli «amici» e dei «nemici».<br />
Il che comunque avrà per epicentro <strong>il</strong> controllo<br />
delle reti commerciali indiane, che probab<strong>il</strong>mente<br />
saranno penetrate da un capitale cinese,<br />
«grigio» o «bianco» particolarmente aggressivo,<br />
e tale da creare un rallentamento della<br />
crescita economica del subcontinente indiano.<br />
Una guerra commerciale coperta tra India e<br />
Cina, senza esclusione di colpi e che avrà come<br />
obiettivo i mercati euroamericani nei quali<br />
India e Cina perseguono strategia di penetrazione<br />
sim<strong>il</strong>i. Una terza opzione c) riguarda la<br />
possib<strong>il</strong>ità da parte della élite cinese, dopo la<br />
crisi tibetana, di aprire un nuovo meccanismo<br />
di rapporto tra centro e periferia della «Grande<br />
Cina», seguendo l’esempio del processo di liberalizzazione<br />
economica e di crescita ecce