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storia<br />
sociale, bensì in nome e per conto di un gruppo,<br />
a cui verosim<strong>il</strong>mente è approdato grazie al<br />
carisma del leader di riferimento (2).<br />
Alcuni esempi come quelli che abbiamo visto<br />
dimostrano, tra l’altro, quanto - nel jihadismo<br />
contemporaneo - un ruolo fondamentale lo giochi<br />
un culto del sacrificio personale, o del martirio<br />
completamente diverso dall’accezione<br />
classica di martirio che abbiamo conosciuto<br />
anche nella tradizione cristiana, un martirio che<br />
da supremo sacrificio personale che accetta<br />
chi intende testimoniare fino alla fine la propria<br />
adesione a una religione si trasforma nella<br />
morte inflitta agli infedeli attraverso <strong>il</strong> sacrificio<br />
personale (la logica delle Twin Towers, la logica<br />
di Londra 2005, la logica di chi si imbotte di<br />
tritolo facendo saltare in aria discoteche e ristoranti<br />
israeliani).<br />
Nella fattispecie palestinese, tali approcci non<br />
tengono poi conto di alcune questioni storicopolitiche<br />
che rendono altresì improponib<strong>il</strong>e <strong>il</strong><br />
confronto con analoghe esperienze di altre nazioni<br />
e di altri periodi storici.<br />
In primo luogo, sin dalla costituzione dello Stato<br />
di Israele del 1948, c’è stato un sistematico<br />
rifiuto da parte di tutto <strong>il</strong> mondo arabo di riconoscerne<br />
<strong>il</strong> diritto all’esistenza: un rifiuto che si<br />
è esplicitato nelle guerre mosse contro lo stato<br />
ebraico, che è ispirato da motivi teologici prima<br />
ancora che politici, che è tuttora sancito nello<br />
statuto di Hamas, che fa sì che, anche negli<br />
anni in cui nei Territori palestinesi governava<br />
l’Olp e poi l’Anp di Arafat e di Abu Mazen, nelle<br />
cartine geografiche dei libri di testo scolastici<br />
Israele fosse semplicemente cancellato.<br />
In secondo luogo, come è documentato da<br />
molti e qualificati studi internazionali, <strong>il</strong> terrorismo<br />
palestinese è più figlio di «aspirazione»<br />
che di «disperazione», e la scelta di diventare<br />
terroristi, o martiri, è una scelta che prende<br />
forma in molti bambini e bambine, sovente<br />
provenienti non dalle famiglie più povere o disagiate<br />
della società palestinese, indottrinati sin<br />
dalla più tenera età - a scuola, nei «campi profughi»<br />
dove viene modellata un’identità di<br />
gruppo basata sulla chiusura verso <strong>il</strong> mondo<br />
esterno e sull’unico obiettivo nel ritorno ai territori<br />
occupati, attraverso programmi televisivi<br />
l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />
77<br />
che esaltano <strong>il</strong> valore del martirio - al culto della<br />
morte.<br />
Infine, la dirigenza palestinese (anche nelle occasioni<br />
in cui la pace sembrava, almeno gli occhi<br />
dei media internazionali, più vicina) non ha<br />
mai compiuto la scelta fatta da altri stati arabi,<br />
come l’Egitto o la Giordania, che dopo aver<br />
strenuamente combattuto contro Israele l’han-<br />
no infine riconosciuta, entrando nell’ottica negoziale<br />
tipica delle relazioni internazionali nella<br />
fase successiva alle guerra, quella dello scambio<br />
«pace contro terra». Di conseguenza diventa<br />
non adeguato <strong>il</strong> paragone con <strong>il</strong> comportamento<br />
di altri gruppi già terroristi guidati da<br />
persone che successivamente sono arrivate ai<br />
vertici dei loro Stati (come Nelson Mandela e la<br />
sua Anc in Sudafrica) o che ne hanno condiviso<br />
le responsab<strong>il</strong>ità verso una transizione pacifica<br />
(come Gerry Adams e l’Ira nell’Irlanda del<br />
Nord) perché, a differenza della leadership palestinese,<br />
costoro a un certo punto hanno capito<br />
che le cause che ritenevano di poter sostenere<br />
o far vincere solo con l’azione terroristica<br />
potevano, in un mutato scenario, essere sostenute<br />
attraverso la via del negoziato, dell’accordo,<br />
del confronto pacifico. E si sono trasformati<br />
da terroristi in statisti.<br />
Conclusioni<br />
Abbiamo visto due esempi diversi, ma per molti<br />
aspetti complementari, di cosa significa sottovalutare<br />
un fenomeno.