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Il 30 aprile 1849 il generale Oudinot in testa al
corpo di spedizione giunge in visita della città,
convinto che i repubblicani non potranno opporre
altro se non una resistenza assai debole
di fronte all’azione militare che invece saprà
esprimere la truppa ai suoi ordini, supportata
da una più che adeguata e sperimentata logistica,
ma soprattutto esperta, essendo reduce
dalla vittoriosa campagna d’Algeria, disciplinata
e munita di un armamento omogeneo e moderno,
con particolare riferimento alle artiglierie
ed alle sue tecniche di applicazione di memoria
napoleonica, e che non manca do ostentare
spavalda sicurezza per l’appartenenza ad
un esercito considerato fra i più agguerriti ed
efficienti in Europa; ma la disillusione sarà tanta.
Infatti, avvicinatisi alle mura su tre direttrici
in formazioni a ranghi serrati e con gli ufficilai in
tenuta da parata, a Porta San Pancrazio i voltiguers
(fanteria leggera) e gli chasseurs francesi
sono accolti da micidial scariche di fucileria
provenienti dagli spalti e da ogni dove che li
costringe a fermarsi, nonostante quel fuoco incrociato
venisse controbattuto immediatamente
dagli artiglieri francesi, spezzando la sommità
delle mura con proiettili a mitraglia.
Lo scontro si estende su tutto il fronte. A Villa
Pamphili, dopo una feroce mischia, vengono
fatti prigionieri trecento francesi della seconda
colonna con il loro comandante: il Colonnello
Picard; la terza colonna, infine, nel tentativo di
aggirare i giardini vaticani, viene fermata dai
cannoni ivi appostati e dai carabinieri romani
comandati dal Colonnello Angelo Calderara.
Seguirono momenti di disorientamento nelle file
degli assalitori, quel tanto che si erano auspicati
i Volontari e i Garibaldini, i quali, usciti
dalla cinta muraria sotto la guida di Garibaldi,
di Manara e di altri Comandanti, si avventano
l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à storia
Note su
«La Repubblica romana del 1849»
di Italo Pasqui
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alla baionetta sui fianchi delle ormai scompaginate
formazioni nemiche, ingaggiandole in furiosi
corpo a corpo e conseguendo una vittoria
totale, a tal punto che lo stesso Triumvirato,
nella speranza di aprire quanto prima i negoziati
diplomatici con il governo francese, dovette
intervenire d’autorità con l’ordine di interrompere
l’inseguimento dei reparti in ritirata;
ordine al quale i Patrioti, pur mordendo il freno,
dovettero sottostare. Al calar della sera, centinaia
di corpi rimasero inerti sul campo a testimoniare
l’asprezza dello scontro, mentre vennero
fatte varie centinaia di prigionieri, il cui
scambio, avvenuto pochi giorni dopo, consentirà
la liberazione dell’intera guarnigione di Civitavecchia,
che andrà ad ingrossare la difesa
delle mura. Anche un pezzo di artiglieria cadrà
in mano ai difensori.
L’inaspettata e strenua resistenza, oltre agli
esiti di quella bruciante sconfitta, indurrà l?oudinot
ad interrompere le operazioni militari e ad
accettare un armistizio, mentre il governo
transalpino si adopererà non certo per motivi
umanitari o di solidarietà verso quei principi a
suo tempo tanto orgogliosamente celebrati con
la bandiera imperiale francese, quanto per
temporeggiare ed inviare rinforzi, come puntualmente
avverrà elevando la consistenza della
spedizione, ora Armata del Mediterraneo, a
35.000 uomini (oltre 40.000, a memoria di Garibaldi).