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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Terzo</strong><br />
allora anche io vorrei morire, perché il dolore di una<br />
madre che sopravvive al figlio è insopportabile.<br />
28 settembre 1944. La giornata è uggiosa, sta<br />
venendo giù una pioggerellina fine, quasi autunnale.<br />
Qui, di questa stagione, a fine settembre è raro che le<br />
giornate siano belle e soleggiate. Già c’è poco sole<br />
d’estate, figuriamoci in questo periodo: gli Appennini<br />
ci stanno troppo sul collo, e le nuvole, certi giorni,<br />
sono così basse che sembrano nebbia. Bisogna<br />
rassegnarsi che stiamo entrando nella stagione più<br />
lunga, quella che sembra non finisca mai, che alle sei<br />
di sera è già notte e alle sei di mattino è ancora notte.<br />
Odio l’autunno e l’inverno: io che vorrei sempre<br />
vedere intorno a me la luce, il sole; vorrei il caldo,<br />
quel bel caldo che te ne puoi stare fuori anche di<br />
sera , solo col vestito, le spalle scoperte, a godere del<br />
calore dell’estate, a chiacchierare coi vicini fino a<br />
tarda sera sulle panche, a commentare i fatti del<br />
giorno, a spettegolare come delle vecchie comari<br />
linguacciute. Ma sono nata qui, tra queste aspre<br />
montagne, in questo paese che amo ma che non è il<br />
massimo che Dio fece. E pensare che il mare è<br />
soltanto lì dietro, a qualche decina di chilometri, ma<br />
per noi, qui, sembra distante come la luna.<br />
Sto tornando, verso sera, dal mio solito giro. Sono<br />
appena stata a medicare il cordone ombelicale di un<br />
piccolo nato tre giorni fa che ha urlato come un<br />
ossesso mentre lo disinfettavo.<br />
Poco prima mi era capitato uno di quei casi che non<br />
si augurerebbero nemmeno al peggior nemico: uno<br />
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