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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Terzo</strong><br />
stanno combattendo ora, italiani contro italiani,<br />
addirittura paesani contro paesani è assurda. Io non<br />
sto né con i fascisti né con i partigiani; capisco che,<br />
come dice Zunin, questi ultimi si battono per la<br />
liberazione, ma quello che più importa sono le vite<br />
che si perdono, i ragazzi che muoiono, le madri che<br />
piangono, il dolore che questa assurda lotta civile<br />
lascia dietro di sè come una lunga scia di sangue.<br />
Andiamo a dormire sperando che Adriano torni<br />
presto e che il ferito non sia tanto grave, ma io non<br />
riesco a prendere sonno. Ad ogni rumore sobbalzo,<br />
mi sembra sia lui che apre sotto la porta, ma poi non<br />
arriva nessuno. Di notte i problemi ingigantiscono, il<br />
buio esaspera ogni cosa e la mente torna sempre agli<br />
stessi pensieri, ricamandoci sopra con un unico<br />
colore: il nero. Mi giro e mi rigiro nel letto, finché,<br />
quando è quasi chiaro, mi alzo e vado in cucina a<br />
farmi un caffè, tanto ormai la notte è persa.<br />
Non capisco perché mio figlio non sia ancora<br />
tornato, ho dei brutti presentimenti, anzi ho proprio<br />
paura e mi accorgo che non è il freddo del mattino a<br />
farmi tremare. Possibile che il partigiano ferito sia<br />
così grave da obbligare Adriano a stare via tutta la<br />
notte? L’ansia non mi abbandona e mi sento stringere<br />
lo stomaco come in una morsa.<br />
Poco dopo entra mio marito: sono le sette e deve<br />
prepararsi per andare a lavorare.<br />
Mi chiede di Adriano, a che ora è arrivato. “Non è<br />
ancora tornato. Non ho dormito tutta la notte per<br />
aspettarlo, non so perché sia ancora via. Zunin, ho<br />
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