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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Terzo</strong><br />
2.8 La pensione<br />
di Pierangelo Colombo<br />
Un canglore metallico susseguì la lucente moneta<br />
inserita nella feritoia della macchinetta, mentre le dita,<br />
correndo lungo la tastiera, ne sfiorò i pulsanti<br />
severamente allineati, premendo infine il più usurato<br />
selezionando un caffè espresso.<br />
La porta a vetri della saletta filtrava appena il fracasso<br />
dell’officina: torni, frese, presse, una sirena che<br />
segnalava il blocco di un macchinario; rumori che si<br />
mescolarono alla voce di due giovani colleghi che, già<br />
servitisi alla macchinetta, discutevano<br />
appassionatamente di calcio, mentre Raffaele,<br />
immerso nei propri pensieri, osservava il caffè cadere<br />
a cascata nel bicchierino di plastica.<br />
La luce bianca al neon sviliva ancor di più il grigiore<br />
della giornata autunnale che filtrava a stento<br />
attraverso i vetri satinati delle finestrelle, mentre<br />
l’orologio scandiva inesorabile i minuti di quella pausa<br />
turno.<br />
Accompagnando i gesti con un sospiro, Raffaele<br />
prelevò il bicchiere fumante portandoselo alle labbra.<br />
Le dita indurite dai calli percepirono appena,<br />
attraverso l’esiguo spessore del bicchierino, il calore<br />
del caffè bollente. Calore che assaporò attraverso il<br />
palmo della mano, mentre l’aroma del caffè si<br />
mescolava all’odore di olio chimico che ne<br />
impregnava la pelle assieme al sapone: vanamente<br />
adoperato per attutirne l’afrore.<br />
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