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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Terzo</strong><br />
battute di spirito. Immaginava le pacche degli amici,<br />
le vigorose strette di mano ad accompagnare magari<br />
una leggera malinconia capace di far lucidare lo<br />
sguardo di tutti.<br />
Era solo invece in quella saletta, dove il brusio della<br />
macchinetta indicava l’uscita dei due colleghi di cui<br />
conosceva soltanto il nome. La crisi, il riassetto della<br />
società, avevano portato lo scompiglio con la cassa<br />
integrazione, la mobilità, il riposo compensativo,<br />
perciò Raffaele si trovava in un turno e un reparto<br />
che non erano il suo. A rendere più amaro quel caffè<br />
però, era la strana sensazione che provava dinanzi a<br />
quel prepensionamento a cui era stato aggiunto un<br />
incentivo per “togliere il disturbo”, risolvendo il<br />
problema d’esubero del personale.<br />
Raffaele sapeva per esperienza che nessuno era<br />
indispensabile: troppi i colleghi visti andandosene con<br />
l’arrogante presunzione d’essere insostituibili,<br />
rimpiazzati invece senza alcun disagio. Credeva però,<br />
o meglio sperava, d’essere qualcosa in più di un<br />
semplice numero su di un cartellino; ed ora pagava<br />
pesantemente lo scotto d’essersi illuso nella sua<br />
meticolosità, la disponibilità nei confronti delle<br />
esigenze dell’azienda, la docile sottomissione ad ogni<br />
richiesta. Bruciava la consapevolezza d’essere di<br />
troppo, superfluo, un peso per l’azienda; così come<br />
bruciava il pensiero di ricevere soldi per andarsene:<br />
una specie di rottamazione.<br />
Malinconicamente, uscì dalla saletta diretto alle ultime<br />
due ore di lavoro, come un mulo che si accinge al<br />
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