52 Ritratto <strong>di</strong> Massimo d’Azeglio. se facendo in modo che <strong>la</strong> <strong>Camera</strong> votasse <strong>la</strong> sfi ducia al Governo. Il 4 novembre 1852, il re lo nominava Presidente del Consiglio. Quando, dopo quasi due anni, <strong>la</strong> crisi fi nanziaria del Regno, lungi dall’essere risolta, si stava trasformando in crisi del Governo stesso, alimentata dagli esponenti del<strong>la</strong> destra cattolica insofferenti <strong>di</strong> quelli che loro consideravano continue vessazioni contro <strong>la</strong> Chiesa, il Cavour, fece ricorso all’unico col<strong>la</strong>nte che lo teneva legato a Rattazzi, cioè l’anticlericalismo. Perso l’appoggio del<strong>la</strong> Destra, al primo ministro non restava allora che cercare <strong>di</strong> al<strong>la</strong>rgare il consenso a Sinistra, favorendo il varo <strong>di</strong> alcune leggi anticlericali, volute proprio dal Ministro del<strong>la</strong> Giustizia Rattazzi, che il 28 novembre 1854 presentò il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> legge sui conventi. Esso prevedeva <strong>la</strong> soppressione <strong>di</strong> tutte le corporazioni religiose, con l’esclusione solo <strong>di</strong> quelle delle Suore <strong>di</strong> carità e delle Suore <strong>di</strong> San Giuseppe, <strong>la</strong> cui missione <strong>di</strong> assistenza ai ma<strong>la</strong>ti e all’istruzione era considerata benemerita. I proventi delle confi sche sarebbero andate a fi nanziare il fondo delle pensioni ai sacerdoti e ai monaci delle corporazioni soppresse. Su quel progetto si aprì un aspro <strong>di</strong>battito non solo tra clericali e anticlericali, ma tra gli stessi uomini del<strong>la</strong> sinistra, <strong>di</strong>visi in moderati e massimalisti. Il 2 marzo 1855, <strong>la</strong> legge passò al<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> con una maggioranza <strong>di</strong> 117 voti contro 36. Ma al Senato, anche con <strong>la</strong> complicità del re, preoccupato dei rapporti con <strong>la</strong> Chiesa, quel<strong>la</strong> proposta fu bocciata. <strong>la</strong> Rivista n. 3 - Marzo 2011 Il sostegno del Par<strong>la</strong>mento L’atteggiamento del re e l’impossibilità <strong>di</strong> far passare <strong>la</strong> legge nel testo votato dal<strong>la</strong> <strong>Camera</strong>, il 29 aprile, costrinsero Cavour alle <strong>di</strong>missioni. Ma, non essendoci alternative al<strong>la</strong> sua maggioranza, il successivo 4 maggio veniva richiamato al Governo. Fu un fatto politico <strong>di</strong> notevole rilevanza: <strong>la</strong> volontà del re <strong>di</strong> volerlo sostituire aveva cozzato contro il Par<strong>la</strong>mento, che ne impose il reincarico. Veniva inaugurata così <strong>la</strong> prassi che il regio Governo doveva poter contare, prima ancora che sul<strong>la</strong> fi ducia del re, su quel<strong>la</strong> del Par<strong>la</strong>mento. Era l’inizio <strong>di</strong> un lungo iter che avrebbe visto il re trasformarsi, a poco a poco, a solo rappresentante dell’unità statale. Il giorno dopo il suo nuovo inse<strong>di</strong>amento, Cavour appoggiò l’emendamento che stabiliva che i religiosi presenti negli enti da sopprimere avevano facoltà <strong>di</strong> rimanervi «fi no al<strong>la</strong> naturale estinzione delle loro comunità». Il Senato approvò, con 53 voti favorevoli e 42 contrari, <strong>la</strong> legge che, ritornata al<strong>la</strong> <strong>Camera</strong> fu licenziata in modo defi nitivo il 28 maggio e fi rmata dal sovrano il giorno dopo. La risposta del<strong>la</strong> Santa Sede non si fece attendere: il 26 luglio Papa Pio IX pronunciava <strong>la</strong> scomunica contro il re, il primo ministro, tutti i membri del Governo e del Par<strong>la</strong>mento che avevano proposto e approvato quelle norme. Il consuntivo fatto a qualche decennio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza ha registrato che furono 335 le comunità religiose colpite dal<strong>la</strong> legge <strong>per</strong> un totale <strong>di</strong> 5.489 <strong>per</strong>sone. Si apriva una ferita tra Casa Savoia e lo Stato del<strong>la</strong> Chiesa che, invece <strong>di</strong> rimarginarsi, sarebbe <strong>di</strong>ventata insanabile quando, dopo l’Unità, quel<strong>la</strong> legge sarebbe stata estesa a tutto il Regno d’Italia. Cavour, ormai convinto dell’appoggio del Par<strong>la</strong>mento, poteva adesso <strong>la</strong>nciare i suoi programmi <strong>di</strong> politica interna ed estera. Egli mirò a fare del Piemonte uno Stato costituzionale modello, promuovendo l’economia, gli investimenti industriali e <strong>la</strong> coo<strong>per</strong>azione tra pubblico e privato. Incrementò soprattutto il commercio, fondato sul «libero scambio» interno ed estero; avviò le riforme del sistema fi scale e del co<strong>di</strong>ce penale; promosse <strong>la</strong> costruzione <strong>di</strong> nuove vie <strong>di</strong> comunicazione, soprattutto delle ferrovie, che esaltava come strumento <strong>di</strong> progresso; appoggiò con ogni mezzo <strong>la</strong> giovane e intraprendente borghesia industriale, che in breve tempo avrebbe dato gran<strong>di</strong> impulsi all’economia del Regno. Cavour era nato a Torino il 10 agosto 1810, dal nobile piemontese Michele Benso e da Adele de Sellon, <strong>di</strong> ricca famiglia ginevrina originaria dal<strong>la</strong> Francia. Era naturale quin<strong>di</strong> che molti ritenessero il suo anticlericalismo come conseguenza del<strong>la</strong> fede calvinista del<strong>la</strong> madre. Come era naturale anche che egli guardasse al<strong>la</strong> Francia <strong>per</strong> ottenere appoggi al suo <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> trasformare il Regno sabaudo in uno Stato forte capace <strong>di</strong> competere con le altre Nazioni europee.
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